Ultime della sera. Ti faccio un disegnino? ( parlando di treni e cani )

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
16 Aprile 2020 13:24
Ultime della sera. Ti faccio un disegnino? ( parlando di treni e cani )

Pochissime persone, credo, hanno mai sentito parlare di Harry Beck, il grafico inglese che disegnò la mappa della metropolitana di Londra; milioni di persone, invece, tra cui molti di voi, hanno invece familiarità vuoi con la Circle line, che tutti ricordano come un anello giallo, o la Central, una linea rossa, la Northern  una ‘Y’ nera, e magari pure con la nuovissima jubilee, argentea, a dimostrazione del fatto che si stanno esaurendo i colori per contrassegnare le linee del Tube di Londra, per quanto sono numerose.

E tutti sanno, od intuiscono, che si tratta  di  una  mappa  schematica, che si  limita  ad evidenziare fermate ed interconnessioni fra le varie linee, non rispettando il vero percorso delle linee sul terreno ( anzi, sotto!). Beck ritenne, infatti, che ad un viaggiatore sotterraneo importasse solo sapere da dove partire, dove arrivare e come; e quella mappa, oltremodo semplificata serviva egregiamente allo scopo. Tanto più che la sua semplicità si coniugava perfettamente con l’esigenza di una rapida consultazione.

Man mano che la ferrovia metropolitana sotterranea, o sopraelevata, cominciò a diffondersi nel mondo,  quel semplice schema richiamante di massima il tracciato delle varie linee, ognuna contrassegnata da un colore, da riprendere in qualunque ulteriore riferimento alla linea medesima, fu generalmente adottato: in tal modo a chiunque si fosse trovato nella calca sotterranea alla ricerca della connessione  sarebbe bastato  azzeccare il colore corrispondente sulla prima tabella od indicazione per trovare la fermata giusta; “elementare Watson!” viene da dire, visto che a Londra ci si pensò già ai tempi di Sherlock Holmes e della regina Vittoria.

In definitiva, le caratteristiche peculiari di un sistema di trasporto metropolitano, oggi universalmente condivise (tranne che nella futura metropolitana di Palermo, ma questo è un altro discorso!) sono l’elevata frequenza dei convogli sulle linee ad intervalli rapidi, ma non prefissati (il ché rende superfluo predisporre orari: si scende e si prende il primo convoglio che passa; se lo perdi prenderai il prossimo a minuti ) unita all’elementare indicazione delle modalità di utilizzo elaborata da mr.

Beck.; le poche varianti successive non sono che una logica evoluzione del sistema, come l’idea di indicare, con analogo criterio e simbolismo, ulteriori connessioni con  ferrovie di altro tipo, aeroporti, autolinee. Prendiamo, ad esempio Tokyo, la megalopoli giapponese che dispone di ben due reti metropolitane: la Tokyo metro e la Toei, cui si aggiungono diverse linee ferroviarie ed un paio di monorotaie panoramiche, una delle quali, inaugurata nel 1964 in occasione delle Olimpiadi, collega la città con Haneda, uno dei suoi 2 aeroporti internazionali; va da sé che a Tokyo a nessuno passa per la testa di spostarsi con mezzi privati: certo, direte voi, già è un problema trovare parcheggio a Mazara; nossignori! Non è un problema… a Tokyo, come in tutto il Giappone, parcheggiare per strada è semplicemente vietato per legge: o si dispone di uno stallo privato o nisba.

L’unica alternativa sono i garage sotterranei o sopraelevati, dotati di ascensore per le auto. Ci ho messo un po' per capirlo: è incredibile quanto diversa possa apparire una città ove le uniche auto che si vedono o sono in movimento o ferme ai semafori.. Ma sto divagando. Non è detto ovviamente, che le stazioni delle diverse reti di trasporto coincidano; certo, sarebbe preferibile, ma non sempre è possibile: è il caso, come vedremo della monorotaia che serve l’aeroporto. Ora, mettetevi nei panni di chi atterra per la prima volta in Giappone, già preoccupato per l’insuperabile barriera linguistica; trovare la mono rotaia per la città gli risulterà invero facile, essendo situata proprio alla porta d’uscita dell’aeroporto, che è unica, nonostante l’aeroporto sia immenso ( il minuscolo Birgi,  per dire, ne ‘vanta’ due!) ma…poi? La linea si fermerà in periferia, da dove proseguire con altri mezzi, e bisognerà cercarseli incamminandoti in una città sconosciuta, dove le vie hanno sì un nome, ma non le relative tabelle agli incroci che lo riportano, come in occidente.

Ebbene, scendendo dalla scala mobile del terminal della monorotaia ti troverai a calpestare, letteralmente, una freccia con la scritta ‘Daimon - Oedo line’ che è la stazione del metrò Toei più vicina: per di qua, prego. Non solo ti hanno fatto un disegnino, ma ti ci hanno fatto salire sopra per essere certi che lo vedessi! Ed è così per tutto: alla stazione di Tokyo, per esempio, descritta come una delle più caotiche del mondo ( e lo è ), se è lo Shinkansen che t’interessa prendere, il famoso treno proiettile, e nel 90% dei casi sarà così, troverai subito, ben visibili in alto, fin dall’ingresso, e ripetuti fino all’arrivo ai binari di destinazione (che comunque sono, da sempre, il n° 9 ed il n° 10 ), due cartelli con le sagome dei due convogli impiegati sulla linea TAV: l’Hakiri ed il Nozumu.

Inutile dire che le tabelle luminose che annunciano l’arrivo dei rispettivi treni, che s’avvicendano con ritmo da metropolitana, adottano un colore diverso per il l’Hakiri ed il Nozumu: rosso e blu rispettivamente. O disegnini, o colori, o tutt’e due. E ripetuti ogni 10 metri. Ora, provate a raffigurarvi una tabella analoga in Italia: è piena d’informazioni, ma superflue, e difficilmente comprensibili già per noi, figurarsi per gli stranieri: ma voi ce li vedete a districarsi tra parole come freccia rossa, freccia argento, o, peggio: ‘DIR’ ‘REG’ ‘REGV’, tutte abbreviazioni di parole italiane? In Giappone usano la sagoma inconfondibile di un treno veloce per indicare un treno veloce, e quella di un treno normale per indicare un treno normale.

Va bene che ‘freccia rossa’ è un bel nome da ostentare, ma i nomi dei treni giapponesi sono anche più belli: Nozumu, per esempio, significa ‘speranza’ ed Hikari ‘Luce’, ma quello che conta è che, se sei un turista che hai preso l’Hikari per recarti a Kyoto ( gran parte di quello che c’è da vedere in Giappone si trova Kyoto e nei pressi, anche il vulcano Fuji , se si è tanto fortunati da non trovare tempo nuvoloso che te lo nasconde ) e nella concitazione, confusione, ed apprensione del momento sei salito sul treno indicato dalla tabella in rosso, potrai essere sicuro che il controllore sorriderà quando gli mostrerai il tuo bravo Japan Rail pass per turisti e non ti pianterà una grana per il supplemento, dovuto nel caso fossi salito sul treno annunciato dalla tabella blu, dove il tuo pass non vale.

Non ho potuto fare a meno di pensarci pochi mesi dopo alla stazione di Lecco, che non è certo Milano centrale e nemmeno Palermo, alla ricerca del binario giusto per la coincidenza per Bergamo, ove avrei dovuto prendere un volo: ho perso non so quanto tempo prima di scoprire: 1) che il treno per Bergamo partiva dal binario 5; 2) che io ero appena arrivato sul binario 4, e che il mio treno per Bergamo se ne stava già bell’e pronto lì, dall’altro lato del marciapiede. Ed io non avevo la barriera della lingua da superare! Ma le pecche dell’italica comunicazione non si manifestano, purtroppo, solo nel campo dei trasporti; mi si chiede spesso, per esempio, se sia consentito portare il cane in spiaggia.

No, non si può. E qui non si tratta di stabilire se sia giusto o meno. Fermo restando che per me non è giusto, bensì sacrosanto, così la finiamo subito: qui si tratta di capire dove sta scritto. Ebbene, se proprio ci tenete saperlo, sta scritto nel Decreto del Dirigente Generale dell’Assessorato Territorio ed Ambiente della Regione Sicilia n° 476 del 1° giugno 2007, art. 3, comma 3. Capirai! Ora, noi sappiamo che una norma non può considerarsi in vigore se non pubblicata; di regola basta la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale per presumerne la conoscenza legale.

Solo che non è questo il caso. Questo decreto non è pubblicato in Gazzetta Ufficiale, ma deve essere reso noto “mediante affissione all’albo delle Capitanerie di porto, agli albi dei Comuni costieri e presso ogni stabilimento balneare”. Hanno pensato a tutto, non c’è che dire! Ma, dico invece io, non era meglio fare un disegnino? E piazzarlo ovunque la gente scende a mare non solo presso gli stabilimenti balneari, dove ( secondo legge, per carità ) si espone solo la disposizione in burocratese “ex art.

3, comma 3° del D.D.G. A.R.T.A. Regione Sicilia n° 476 in data 1° giugno 2007? Ripeto, un bel disegnino con la semplice sagoma di un cane sbarrato? Ne ho visti tanti, sulle Alpi, di cartelli riportanti divieti riferiti ai cani: in tutti si vedeva raffigurato un cane, e non si poteva equivocare. Perché solo in Italia, ne sono ormai convinto, ( l’Alto Adige, si sa, non fa testo ) “fare un disegnino” per spiegare qualcosa a qualcuno è usato solo secondo l’accezione offensiva. Nel resto del mondo, invece, è ritenuto gesto di gran riguardo: non sei tu che devi sforzarti di comprendere la mia comunicazione, ma io che devo fare di tutto per rendertela il più possibile agevole.

Pensiamoci, la prossima volta che ci vanteremo della “nostra proverbiale ospitalità e vocazione turistica”: il primo passo dell’accoglienza sta proprio nell’offerta di una valida forma di comunicazione; che può fare, (eccome!) la differenza. Danilo Marino

Ti piacciono i nostri articoli?

Non perderti le notizie più importanti. Ricevi una mail alle 19.00 con tutte le notizie del giorno iscrivendoti alla nostra rassegna via email.

In evidenza