“Quanta gioia, quanta munnizza”

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
10 Settembre 2013 07:12
“Quanta gioia, quanta munnizza”

"Siamo quello che mangiamo", fu la frase più nota del filosofo tedesco Ludwig Feuerbach; io, sebbene di tedesco e di filosofico abbia ben poco, aggiungerei che siamo anche quello che buttiamo. La nostra spazzatura

rispecchia quello che siamo, il come viviamo e cosa rifiutiamo (non per altro li chiamiamo rifiuti) ed a Mazara del Vallo, permettetemelo dire, la nostra "munnizza" fa schifo. Certamente non è mia intenzione assimilare il termine "spazzatura" ad una cosa bella e profumata o magari gradevole, so bene che immondizia è tutto quello che scartiamo e rappresenta l'avanzo di svariate delle nostre attività, e già questo è tutto un programma, ma avvicinarsi da queste parti ad un cassonetto della immondizia fa venire i brividi, e non per ciò che rappresenta, altresì per quello che contiene.

Scarpe, bottiglie, borse, scatole, scatoline, scatoloni, riviste, giornali, vestiti, piante morte, o anche vive, pannolini, assorbenti, materassi, sedie, divani, soggiorni completi, solido, liquido, umido, fangoso, carta, vetro, plastica, lattine, e cibo (fiuuu!!!, riprendo il fiato), tanto cibo, una quantità immensa di cibo. Una montagna impressionante di alimenti che vengono scartati. Cose da sfamare tutta l'Africa e le mense di mezza Italia!.

Perché il cittadino mazarese, soprattutto in estate, cucina in quantità industriale, neanche fosse natale o la vigilia di qualche festa. E le donne, e non solo, iniziano una lotta senza esclusioni di colpi a chi cucina meglio e soprattutto di più. Le spese si fanno a cassetta; una di pomodoro, altre due di sarde, altre di melone e anguria (che smettiamola, non sono la stessa cosa!), gamberi, cipolle, ecc. E vai con la preparazione, si mangia. Ma poi la fame ha un limite, il corpo anche. E tutto prima o poi di quel che resta (cassette incluse) vanno a finire in un cassonetto di rifiuti straripante, sporco e puzzolente. E questa è una cosa di cui non andarne orgogliosi.

Infatti, noto con dispiacere che in questa città non esiste una educazione alle tre R: "riutilizzare, riciclare, ridurre", termini imprescindibili in ogni società, non dico moderna, ma civile. Non è solo un problema di Belice Ambiente o di chi di questo se ne occupa, né delle amministrazioni, o degli addetti al lavoro, è un problema che deve essere affrontato in tutte le famiglie, le basi della società. Non posso proprio vedere i bambini che scartano i gelati o le caramelle e senza nessun ritegno o vergogna lo buttano per terra e non sopporto i genitori che a queste scene fanno finta di niente. Impotenza. Gli spaccherei la faccia, non ai bambini, s'intende, ai genitori.

Sappiamo bene che l'esperimento della raccolta differenziata è stata una barzelletta, e non aspettavo di meno in una Regione dove un giorno si e l'altro no c'è un'emergenza rifiuti. Una volta ero nella villa comunale a fare una passeggiata ed è arrivato uno spazzino col furgone per raccogliere i bidoni (belli differenziati per colore ed indicazione) li ha presi tutti e li ha svuotati mischiandoli, quindi mi sono avvicinata e gli ho chiesto come mai prendeva e buttava tutto insieme. Non ha saputo rispondermi. Non sapeva nemmeno cosa fosse la raccolta differenziata. Mah!

Tutto questo mi fa imbestialire. Ma c'è solo una cosa che mi fa una tenerezza immensa, ed è vedere ogni sera quel pellegrinaggio silenzioso, costituito principalmente da maschi, verso il cassonetto più vicino, portandosi dietro quello che resta della giornata: chili di spazzatura, molti pensieri e qualche sigaretta. Tanto domani sarà un altro giorno e dopotutto si torna a casa sempre col pensiero di questo vecchio proverbio siciliano: "Pigghia munnizza di lu tò munnizzaru e siddu nun la poi aviri accàttila".

Chaski

10-09-2013 9,00

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