Processo per appuntato Guardia di Finanza accusato di avere picchiato la moglie, che sarà ascoltata

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
05 Maggio 2016 21:34
Processo per appuntato Guardia di Finanza accusato di avere picchiato la moglie, che sarà ascoltata

Dopo oltre cinque anni di silenzio, lo scorso ottobre si è decisa a parlare, dichiarando agli investigatori che quelle lesioni alla milza (che, poi, in ospedale, i medici furono costretti ad asportarle) furono provocate dai pugni e dai calci sferrati dal marito. Per questo, il pm Giulia D’Alessandro ha chiesto che la donna venga riascoltata nel processo al marito, il 42enne appuntato della Guardia di Finanza Biagio Foderà, mazarese, processato per lesioni personali gravissime in danno della moglie.

Adesso, il giudice monocratico Lorenzo Chiaramonte ha accolto la richiesta del pm. La prima svolta risale al giugno 2015, la vittima si decide a parlare. Prima si reca alla caserma della Guardia di Finanza di Castelvetrano, denunciando il coniuge per presunte vessazioni e angherie. Poi, va alla Procura di Marsala e racconta quello che sarebbe realmente accaduto il 12 gennaio 2010, dichiarando che, dopo avere confessato al marito di avere una passione per un altro uomo, un cardiologo di Mazara, sarebbe stata presa a calci e pugni, mentre le due figlie piangevano dietro la porta della camera da letto, chiusa a chiave. Pochi giorni dopo, però, la donna ha ritrattato tutte le accuse. Probabilmente, per paura. Poi, trova la forza di denunciare nuovamente il marito. Per questo motivo, il pm ha chiesto di riascoltarla in tribunale. 

Nel processo, per favoreggiamento, sono imputati anche due cognati del finanziere, Elisabetta Ferreri e Pietro Titone. Per l’accusa, avrebbero cercato di coprire le responsabilità del Foderà. Pare, per evitare ai figli le traumatiche conseguenze di una eventuale separazione dei genitori.

I parenti, insomma, avrebbero cercato di porre un velo sulla vicenda per “proteggere” i due figli della coppia. Un comportamento omertoso, il loro, che secondo gli inquirenti è contraddetto proprio dalle conversazioni telefoniche intercettate dagli inquirenti. Riferendosi a Foderà, infatti, Vincenzo Castelli, fratello di Antonia, dice: “Lui si deve vergognare di portare la divisa”, mentre l’altro fratello, Antonino, afferma che “lo ammazzerebbe”.

Poi, una serie di telefonate per concordare la versione da fornire agli inquirenti. Il padre della donna, inoltre, proprio per evitare di essere intercettato, si sarebbe recato al nord Italia, dove vivevano altri familiari, per concordare con loro la versione da fornire a chi stava investigando sul caso. I genitori avrebbero detto ai figli: “Negate tutto”. A far scattare l’inchiesta fu un esposto anonimo.

A.P.

05-05-2016 23,30

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