Pescatori sequestrati a Bengasi, caro ministro Di Maio risolva la vicenda, inaccettabile dopo 90 giorni

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
01 Dicembre 2020 10:40
Pescatori sequestrati a Bengasi, caro ministro Di Maio risolva la vicenda, inaccettabile dopo 90 giorni

Sono passati 90 lunghi e difficili giorni da quella sera del primo settembre quando i due motopesca mazaresi “Medinea” e “Antartide” e 18 pescatori (8 italiani, 6 tunisini, 2 indonesiani e 2 senegalesi) sono stati sequestrarti a circa 35 miglia dalle coste libiche da miliziani cirenaici a bordo di una motovedetta (una di quelle donate alcuni anni fa dall’Italia per il contrasto dell’immigrazione clandestina) e condotti a Bengasi; dall’8 settembre i pescatori si trovano nel carcere di el Kuefia controllato dai fedelissimi del generale Khalifa Haftar.

In questi 90 giorni si sono susseguiti numerosi appelli ed iniziative da parte dei familiari dei pescatori al Governo italiano per la liberazione dei pescatori. L’ultimo appello è stato lanciato domenica mattina, sotto la pioggia nel piazzale G.B. Quinci, davanti al porto canale (vedi foto di copertina). “Torneremo in presidio a Montecitorio, il Natale lo passeremo davanti al Parlamento, non possono continuare a far finta che siamo dei fantasmi”. Questo è quanto hanno sottolineato i familiari dei marittimi.

Ancora una volta l’invito è stato rivolto al Governo Italiano ed in particolare al ministro degli Esteri Lugi Di Maio che alcune ore prima del sequestro era in visita in Libia incontrando i massimi vertici del Governo di Tripoli (quello opposto al generale Haftar che controlla la Cirenaica), riconosciuto da quella stessa comunità internazionale che però non ha mai riconosciuto la ZEE (Zona Economica Esclusiva) che nel 2005 è stata istituita unilateralmente dalla Libia e che si estende per 62 miglia in acque internazionali.

Il ministro Di Maio continua invece a sostenere, lo ha fatto anche l’altra sera a Sette Storie (il programma in onda su Rai 1 e condotto da Monica Maggioni), rispondendo ad una domanda sui 18 pescatori sequestrati: “Sono entrati in acque – ha detto il Ministro – in cui sconsigliamo da sempre di entrare, e questo lo dico perché si sappia, non bisogna entrare nelle acque protette“. Ma protette da chi? Caro Ministro, a scanso di equivoci, in mancanza di una ratifica e di un accordo, quelle dove sequestrati i marittimi sono acque internazionali; in quell’area al momento del sequestro lavoravano a gambero rosso, come lo hanno sempre fatto, una decina di pescherecci di Mazara del Vallo.

La motovedetta libica era lì da ore e si è mossa solo dopo aver ricevuto un ordine. La cosa strana è invece che da alcuni mesi (da quando è stato eletto il Governo giallo verde prima e diventato giallo rosso dopo) manchi in quell’area la cosiddetta Vi.Pe (vigilanza pesca) garantita da unità militari italiane che ha “disincentivato” le motovedette libiche ad avvicinarsi ai motopesca. Così come non riusciamo a capire il cosiddetto “massimo riserbo e silenzio” con le quali condotte le trattative per il rilascio di pescatori.

Sempre a "Sette Storie" Di Maio ha sottolineato: “L’Italia riporta sempre a casa gli italiani, solo quest’anno 7 persone che erano state rapite sono tornate e la Farnesina e l’intelligence stanno facendo di tutto per riportare a casa il prima possibile i pescatori di Mazara del Vallo. L’Italia -ha aggiunto Di Maio- non è sotto ricatto ma i negoziati richiedono sempre tempo, sappiamo come stanno, abbiamo organizzato una telefonata con i familiari nel corso della quale loro stessi hanno detto di stare bene, non sono in un carcere, sono in un centro, sappiamo anche cosa mangiano ogni giorno, abbiamo intrapreso tutte le azioni internazionali per portarli a casa il prima possibile”.

Dopo 90 giorni però i familiari legittimamente si aspettano altro, non pensavano (e non sono i soli) che la vicenda potesse durare tutto questo tempo. In altre circostanze i cittadini italiani rapiti si trovavano in luoghi sconosciuti come ignoti anche i loro aguzzini, qui è diverso. Pertanto i familiari sono stanchi, stanchi di aspettare, non basta più la telefonata dell’11 novembre (solo i pescatori italiani hanno avuto modo di parlare con le loro famiglie, gli altri 10 no, anche questa è una vicenda da approfondire).

La nostra richiesta –ha ribadito Cristina Amabilino, moglie di Salvo Bernando- è sempre la stessa: rivogliamo a casa i nostri familiari. Abbiamo fatto tutto ciò che potevamo, ma ancora non è cambiato nulla, cos'altro dobbiamo fare? La telefonata che ci hanno concesso testimonia che sono ancora tutti vivi, ma non vuol dire che sono in buone condizioni”. Marika Calandrino, moglie di Giacomo Giacalone, ha aggiunto: “Nelle prime settimane ci hanno chiesto silenzio e abbiamo evitato di alzare ogni polverone, ma adesso siamo disposti a tutto.

Aspettiamo la telefonata giusta da un momento all'altro. Non sappiamo più cosa dire. Stanno trattando i nostri pescatori come dei terroristi, umiliati per aver provato a portare un pezzo di pane a casa”. Quali sono gli interessi che soggiacciono a questa vicenda? Sappiamo che quella parte della Cirenaica è molto appetibile per le potenze mondiali per l’esistenza di giacimenti energetici. Certamente però per qualsiasi tipo di accordo la presenza di 18 pescatori sequestrati non aiuta qualsiasi forma di mediazione.

Perché non chiedere l’aiuto della Francia, della Russia e dello stesso Egitto (con il quale l’Italia ha aperta la questione dell’uccisione del povero studente Giulio Regeni) Paesi che hanno un forte ascendente sul generale Haftar. Serve riconoscerlo come leader? Perché no al fine di permettere il ritorno dei pescatori a casa. Serve forse consegnare ad Haftar i 4 libici condannati in Italia perché ritenuti scafisti nella cosiddetta “strage di ferragosto”, nel 2015? Perchè no? Cosa serve altro? C’è pure chi si sta muovendo in maniera autonoma nel tentativo di trovare una soluzione alla vicenda, è il caso di Leonardo Gancitano, socio della “Futura 2015 srl” armatrice del motopesca “Antartide”.

Riportiamo integralmente la sua nota inviata alle diverse redazioni: “A fronte del perdurante stato di detenzione dei pescherecci mazaresi e degli equipaggi a Bengasi, pur rispettando e tenendo in considerazione il copioso lavoro condotto dalle autorità competenti quali la Farnesina e il Governo Italiano per il raggiungimento di un finale tanto atteso quanto sperato cioè il rilascio dell’imbarcazione e dell’equipaggio, di concerto con l ‘Avv. Carola Matta del foro di Torino, con il responsabile regionale ass ..

Marinerie d’Italia e d’Europa e con la collaborazione del Dott. Giovanni Lo Coco, Dipartimento Pesca Regionale della Lega Salvini Premier e del Presidente Nazionale Associazione Principesca, ha deciso di conferire il mandato come difensore di fiducia ad un avvocato libico, poiché assista in ogni fase del procedimento la Società e ottenga il rilascio dell’imbarcazione e dell’equipaggio. In queste giornate particolarmente agitate, ho ricevuto numerose parole di disappunto se non diffamatorie in relazione alla mia azione, condotta per salvaguardare la vita dei  pescatori e del rilascio dell’imbarcazione, cercando di ottimizzare i tempi per una più rapida risoluzione della vicenda, rivolgendomi ad un legale del luogo.

Quest’ ultimo provvederà chiaramente, nel caso ci siano degli aggiornamenti, a fornire le notizie alle Istituzioni che si stanno occupando del caso”.   Questo tentativo come del resto il silenzio di buona parte della marineria mazarese, vedi in primis quegli armatori e capitani che in questi anni hanno sempre puntato il dito verso lo Stato italiano per la soluzione della annosa questione dei sequestri in Libia a causa della ZEE, fa molto riflettere ed evidenzia, ancora una volta, la mancata unità del comparto marittimo di Mazara del Vallo, legato storicamente sempre al politico (e agli “sciacalli” di turno), e al proprio interesse individuale.

Un atteggiamento miope che, vogliamo ricordarlo, ha portato in questi anni al dimezzamento della flotta, alla mancata escavazione del porto canale, a subire normative Ue e la dura concorrenza delle stesse marinerie nordafricane nel frattempo cresciute a scapito di quella mazarese. Continuando così la morte della pesca a Mazara del Vallo è l’unica certezza. Nel frattempo, caro ministro Di Maio risolva questa vicenda, inaccettabile dopo 90 giorni. Francesco Mezzapelle                       

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