Nebbia e raggio di sole in Turchia. Muore la cantante Helin Bolek, Dopo 288 giorni di sciopero della fame contro l’autoritarismo del governo Erdogan

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
18 Aprile 2020 18:09
Nebbia e raggio di sole in Turchia. Muore la cantante Helin Bolek, Dopo 288 giorni di sciopero della fame contro l’autoritarismo del governo Erdogan

Tredici giorni fa il 03/04/2020 ho letto questo articolo di Luca Bagattin pubblicato su alganews.it, che vi riporto integralmente: “Helin Bölek, 28 anni, cantante solista del gruppo musicale turco Grup Yorum, è deceduta dopo 288 giorni di sciopero della fame, come annunciato dal profilo Twitter della band. Lo sciopero della fame della cantante e dei componenti della band, era iniziato per chiedere al governo il rilascio dei membri del suo gruppo; per chiedere la fine delle incursioni della polizia contro il Centro Culturale İdil di Okmeydanı, Istanbul; per eliminare il divieto dei concerti di Grup Yorum (banditi per quasi tre anni) ed eliminare le cause penali intentate contro i componenti della band. Grup Yorum, gruppo musicale rock folk turco, fondato nel 1985, si è sempre contraddistinto per i suoi testi socialmente impegnati, ispirati al gruppo musicale cileno Inti-Illimani. Di ispirazione socialista, Grup Yorum sono da sempre perseguitati dal governo turco, i loro album sequestrati, i loro membri arrestati e torturati.

Accusati peraltro dal governo, senza alcuna prova, di appartenere al Fronte Rivoluzionario di Liberazione Popolare, considerato organizzazione terroristica. Helin Bölek fu arrestata nel 2016 e rilasciata dopo due anni di prigione, accusata di resistenza alla polizia e di essere componente di una organizzazione terroristica. Assieme ad Helin Bölek, anche gli altri musicisti, Bahar Kurt, Barış Yüksel, İbrahim Gökçek e Ali Aracı, hanno iniziato uno sciopero della fame ad oltranza, il 17 maggio 2019. Alludienza tenutasi a Istanbul Çağlayan Courthouse il 20 novembre 2019, erano stati rilasciati due membri del gruppo, Bahar Kurt ed Helin Bölek, che erano stati processati per presunta appartenenza a unorganizzazione terroristica”. Ibrahim Gokcek, altro componente della band, è al suo 291 giorno di sciopero della fame e anche lui sta rischiando la vita in questa lotta nonviolenta per il rispetto dei diritti civili e umani fondamentali, negati dal governo autoritario di Erdogan.” Ma perché protestava Helin Bolek fino a lasciarsi morire in una lenta agonia durata 288 giorni? Forse perché la musica, un linguaggio eccezionale di libertà, è stato bandito, mortificato, gli strumenti musicali distrutti, i concerti bloccati e i nomi della band messi nero su bianco su liste che comprendono i terroristi e addirittura messi in carcere.

Forse perché in Turchia bisogna essere pronti a morire per cercare di tenersi in piedi, per non fare censurare la propria creatività, per non farsi mettere il bavaglio, per poter dire, scrivere, cantare, dipingere quello che uno è, o quello che pensa. Ma nel 2020 si può ancora morire all’età di soli 28 anni, per protestare contro l’autoritarismo del presidente Recep Tayyip Erdogan, che le aveva proibito di cantare? Perché una ragazza giovane, talentuosa e sopratutto piena di vita che voleva solamente cantare ed esprimere la disperata voglia di vivere in libertà, si è lasciata morire? Si, perché e un paradosso terribile che una ragazza piena di vita si lascia morire.

Perché Helin Bolek aveva una  presa importante sui giovani, così tanto che preoccupava il regime di Erdogan, ed ecco che la sua band è stata soppressa. Cosi da almeno due anni, la loro sede, l’Idil Cultural Center di Okmeydani era stata visitata decine di volte, dalla polizia, rompendo i loro strumenti musicali e arrestando almeno 30 persone. Sette membri della band sono ancora  in prigione. Si perché nell’attuale Turchia, la morte di Helin Bolek rientra nella diffusa repressione dello Stato, che comprende l’oppressione e il soffocamento di ogni voce dissenziente.

Ed è assurdo che una ragazza di 28 anni ancora all’alba della sua vita possa scegliere di morire, solo perché ha osato esprimersi artisticamente. Ed è altrettanto assurdo che il resto del mondo cosiddetto civile e democratico non abbia reagito, e si è limitato a voltarsi dall’altra parte, preferendo non vedere. Così come colpisce il silenzio dei principali mezzi di comunicazione. Fatta eccezione per qualche quotidiano di opposizione che ha dato spazio all’evento, il giorno della morte i siti e i canali televisivi più seguiti hanno completamente ignorato la notizia, mentre su Twitter il nome di Helin Bölek diventava in breve tempo uno dei termini più ricercati.

E mentre una nebbia bianca e densa avvolge le lapidi del cimitero di Feriköy, quartiere popolare del centro di Istanbul, dove una folla immensa si è radunata per il funerale di Helin Bölek, nebbia che non è la foschia di una giornata grigia, ma è la nebbia di un gas lacrimogeno sparato dalla polizia sulla folla che si è radunata per il funerale di una giovane cantante turca morta prematuramente all’età di 28 anni. Helin Bölek, questa nebbia che avvolge il tuo paese, la Turchia, da quasi vent’anni, è stata squarciata da un raggio di sole profondo, intenso e così luminoso che non dimenticheremo per molto tempo, il raggio di sole del tuo sacrificio.

  Francesco Sciacchitano      

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