Misteridicittà/Sataliviti, delinquente, Zorro o Robin Hood?

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
11 Ottobre 2015 18:32
Misteridicittà/Sataliviti, delinquente, Zorro o Robin Hood?

Il mistero di quest’oggi Vi presenta un personaggio della Mazara di un tempo, che passò agli onori della cronaca internazionale per le sue azioni.

Agiva come un delinquente o come un nobile eroe in base alla bocca narrante, le sue gesta si dice somigliassero più a quelle dell’eroe Inglese, rubava ai ricchi per dare ai poveri, aiutava la popolazione in un tempo in cui la società era strutturata in maniera molto diversa dalla nostra, quei tempi erano l’alba della gente che si ergeva a leader degli oppressi, proprio come il personaggio mascherato, la volpe californiana (Zorro) uscita dalla penna di Johnston McCulley (ispirato ad un personaggio messicano del 1600 Guillén Lombardo, alias William Lamport, collega del nostro Sataliviti) , utilizzando magari metodi che non si discostavano molto dalla linea comportamentale che si voleva contrastare.

Il differente modo di concepire la sua figura è stato analizzato da un nostro concittadino in una sua opera datata 1881, Raffaele Castelli, nel suo “Archivio per le tradizioni popolari” (consultato per gentile suggerimento del personale della biblioteca comunale di Mazara del Vallo) parlando di un mito moderno, non fu il primo ad interessarsene e non è stato l’ultimo, nel 2006 anche Benny Antonini ne parlò in un suo romanzo storico.

Tra i vicoli di Mazara è dedicato anche un pannello che lo raffigura in una posa dinamica.Al secolo Vincenzo Antonio Catinella, Sataliviti, nacque il 4 Aprile del 1675, manovale astuto e agile, si narra che era dotato di una forza fisica molto notevole, un aneddoto narra che durante la costruzione di una delle due torri del campanile di San Francesco (di cui poi in tempi più recenti se ne ordinò la demolizione piuttosto che una riparazione più dispendiosa) si caricò sulle spalle un asino con tutto il materiale che trasportava.

Il suo appellativo nacque durante un inseguimento, il padre voleva punirlo per aver commesso un piccolo furto, e lui per sfuggirgli trovandosi davanti le mura occidentali della città fu costretto a saltare, atterrando illeso destò lo stupore di tutti. Un’altra storia che narrerebbe l’incipit della sua vita da delinquente è la stessa che invece lo battezza come eroe giusto tra la popolazione, si dice che uccise un uomo per salvaguardare l’onore della sorella che ne era stata sedotta.

Costretto a fuggire visse di furti a Palermo dove non risparmiò le performance che confermavano la sua abilità di saltatore, e il suo coraggio.Una delle sue azioni più eclatanti fu mossa dal desiderio di metter le mani sul tesoro di un vecchio signore che da tempo perseguitava, venendo a sapere che il deposito delle sue ricchezze si trovava nel monastero di San Michele, non poteva non tentare di rubarlo, con dei compagni riuscì ad entrare e a trafugare l’oro, senza far male a nessuna delle monache del convento, questa è una delle caratteristiche che lo rendevano popolare, non gradiva la violenza, era un “ladro gentiluomo”, dopo aver rubato all’interno del monastero la leggenda narra che fuggì arrampicandosi su per il campanile usando due coltelli per fare presa, e quando qualcuno diceva che era impossibile perché troppo alto, la gente ci teneva a far presente che il campanile era in costruzione quindi una buona via di fuga.Il suo agire ricorda il periodo romantico quando imitando il miagolio di un gatto riuscì a far aprire la porta della casa della Duchessa Sansone, chiedendole una determinata somma per dividerla tra i poveri, cosa che a quanto pare avvenne davvero.

La sua fama era cresciuta nel frattempo e c’era anche chi provava ad imitarlo ma non rispettandone l’etica, si narra infatti che incontrò delle donne che piangendo dissero che Sataliviti, aveva loro sottratto degli orecchini, lui infuriatosi per il fatto che il suo nome fosse stato macchiato da un vile atto, recuperò la refurtiva che restituì e punì chi aveva osato agire a suo nome.

Ma dalla legge veniva solo visto come un ladro e un delinquente, fuggì a Roma, Genova e poi a Livorno, e fu proprio in quella terra che vide la fine, grazie alla complicità di un barbiere, il Granduca di Toscana riuscì a catturarlo, morì l’11 Maggio del 1706, si dice che fu giustiziato e che il suo corpo venne esposto in pubblica piazza a Palermo, c’è chi parla di una decapitazione, chi di un’impiccagione.

Ma anche la sua morte così come tutta la sua vita è stata arricchita da fantasie iperboliche che partono forse da un minimo gesto gentile che è stato compiuto ma che magari non è stato documentato, o forse da quella voglia di riversare in un soggetto forte e carismatico una figura che si sarebbe desiderata, un protettore buono e giusto che salvasse la popolazione dalle angherie quotidiane, che potesse cambiare le cose facendo evolvere la società verso un lieto fine.

Nel sogno non c’è nulla di male, in fondo si sono sempre cercate e si cercano ancora oggi tali figure, ma col tempo hanno occupato forse vari e diversi posti nella società, ma attenzione, labile è il limite tra il sogno e l’ideale, tra quello che vorremmo che fosse e quello che in realtà è.Sognare si, ma con la mente ben aperta!

Rosa Maria Alfieri

11/10/2015

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