Mazara, calvario burocratico per l’imprenditore mazarese Quinci vittima di un estorsione per la quale denunciati l’ex sindaco Caravà ed i consiglieri Di Natale e Napoli

Redazione Prima Pagina Mazara
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13 Gennaio 2015 15:19
Mazara, calvario burocratico per l’imprenditore mazarese Quinci vittima di un estorsione per la quale denunciati l’ex sindaco Caravà ed i consiglieri Di Natale e Napoli

Il pm Anna Cecilia Sessa del Tribunale di Marsala ha chiesto quest'oggi la condanna a 7 anni di carcere per l'ex sindaco di Campobello di Mazara Ciro Caravà e per l'ex consigliere comunale Antonio Di Natale e l'assoluzione per un altro ex consigliere comunale, Giuseppe Napoli. Caravà, Di Natale e Napoli erano stati denunciati nel 2010 con l'accusa di avere preteso somme di denaro dall'imprenditore mazarese Vito Quinci, per votare favorevolmente, in Consiglio comunale, la delibera relativa alla concessione edilizia per la realizzazione di un albergo con 220 camere da costruire, su un'area di circa 80 mila metri quadrati, nella frazione balneare di Tre Fontane.

Quinci nel 2010 aveva denunciato alla Procura il tentativo di tangente richiesto dai due consiglieri comunali di Campobello, poi arrestati, per l'approvazione in consiglio comunale di una delibera per il rilascio della concessione di lottizzazione chiusa della struttura "Tre Fontane Village" per il quale Quinci aveva ricevuto un finanziamento di circa 3 milioni e mezzo di euro. Sempre per gli stessi motivi ma riguardanti un'altra società di Quinci, "Il Faro", la denuncia era scattata per l'allora sindaco Ciro Caravà (l'ex sindaco lo scorso 6 febbraio è stato assolto dal Tribunale di Marsala dall'accusa di concorso in associazione mafiosa per la quale era stato arrestato, vedi foto n.2, nel dicembre 2011).

Dopo la denuncia di estorsione per Quinci è stato disposto un servizio di protezione con scorta. Ma l'imprenditore Vito Quinci da allora ha avuto grossi grattacapi con la burocrazia italiana. Inoltre in questi mesi Quinci ha denunciato diversi atti intimidatori all'interno dell'area del complesso alberghiero mai avviato.

Nell'agosto del 2010 la Prefettura di Trapani, su parere conforme del procuratore di Marsala, aveva ammesso Quinci al beneficio previsto dalla legge antiracket, che prevede la sospensione per 300 giorni di tutte le procedure civili e dei pagamenti. Ma, nonostante questo, a dicembre dello stesso anno un giudice del tribunale marsalese aveva dichiarato il fallimento delle sue società, non tenendo in alcuna considerazione i fatti denunciati. Così era iniziato il calvario giudiziario dell'imprenditore che poi però era stato assolto con formula piena dalla Corte di appello di Palermo.

Ad agosto del 2013 però Quinci, a causa dei termini imposti dalla legge, non aveva potuto più usufruire della nuova sospensione dei pagamenti concessa dalla Procura di Marsala. Così gli esattori erano tornati alla carica. Quinci nel frattempo non aveva potuto avviare la sua attività alberghiera non avendo ricevuto dalla Commissione prefettizia di Campobello quella stessa concessione richiesta al tempo della sindacatura Caravà e per al quale gli era stata chiesta una tangente. Pertanto l'imprenditore non aveva potuto pagare i creditori che hanno dal canto loro avviato procedure giudiziarie.

Lo scorso 14 gennaio, un anno fa, Quinci aveva avuto la brutta sorpresa di trovare i sigilli del Giudice dell'esecuzione del Tribunale di Marsala alle 18 villette del complesso "Tre Fontane Village" (vedi foto n.1). Ciò è avvenuto a seguito dell'azione di creditori dopo che dall'agosto del 2013 Quinci non aveva potuto più beneficiare della suddetta legge antiracket. Il giorno dopo però il Tribunale accogliendo la richiesta del legale di Quinci, l'avvocato Marco Zummo, tolse i sigilli alle 18 villette del complesso di cui nove già vendute da Quinci.

"Il mio calvario –ha dichiarato Quinci- è stato a causato da una legge che ancora la politica non riesce a modificare a tutela di quanti hanno denunciato estorsioni o vittime di usura. E pensare che l'unica mia colpa –ha concluso Quinci- è stata quella di voler contribuire allo sviluppo turistico ed occupazionale del territorio sul quale però a quanto pare grava un macigno culturale e sostanziale, una sorta di lobby amministrativa e giudiziaria che non permette lo sviluppo della libera impresa. La giustizia dovrà pur esistere".

Francesco Mezzapelle

13-01-2015 16,00

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