Marsala, giornata della memoria. In scena lo spettacolo Shoah, il valore della memoria di Massimo Graffeo

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
28 Gennaio 2020 18:12
Marsala, giornata della memoria. In scena lo spettacolo Shoah, il valore della memoria di Massimo Graffeo

In occasione della giornata della memoria va in scena al Teatro Comunale E. Sollima lo spettacolo Shoah, il valore della memoria per la regia di Massimo Graffeo con Andrea Badalucco, Cinzia Bochicchio, Azzurra Giardiello, Marilena Li Mandri, Federica Piazza, Tommaso Rallo e lo stesso regista, mentre le musiche sono state curate da Roberto Pellegrino. L’evento, fortemente voluto dall’Amministrazione Comunale, ha ottenuto un gran successo di pubblico; il teatro era gremito di gente. Sono intervenuti prima dell’inizio dello spettacolo il Vice Sindaco, Agostino Licari, e l’Assessore alle Politiche Sociali e Culturali, Clara Ruggieri.

Il Vice Sindaco, portando i saluti del Sindaco che non ha potuto presenziare e ringraziando il regista, ha affermato che non ci si può permettere di non ricordare attraverso le parole di Liliana Segre: “L’indifferenza è il male peggiore”. La convinzione, al tempo della Shoah, era che il diverso fosse nemico, che l’ebreo fosse nemico, il che ne giustificava lo sterminio in massa secondo il motto, che può essere parafrasato secondo un modello contemporaneo, “prima gli Ariani”. La memoria è un dovere e non si può restare indifferenti di fronte al male poiché è una questione che riguarda tutti e che potrebbe ripresentarsi se non si adottano le dovute precauzioni.

Per questo motivo, l’Amministrazione  Comunale incoraggia l’inclusione e tiene alta la guardia perché ogni forma di odio nei confronti del diverso possa essere soppressa. Ha proseguito l’Assessore alle Politiche Sociali e Culturali, citando Winston Churchill, Primo Ministro del Regno Unito nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, il quale scrisse che la Shoah era stata «il crimine più grave e più mostruoso mai perpetrato nella storia dell’umanità». Sfortunatamente, anche nella società contemporanea non mancano esempi di razzismo e di discriminazione in genere nei confronti di chi è diverso per credo religioso, orientamento sessuale o ideologia.

Il messaggio che l’Assessore ha voluto lanciare è che le parole di odio si possono tramutare in fatti, motivo per il quale bisogna sensibilizzare alla diversità; perché la diversità è ricchezza. Hanno terminato l’introduzione le parole del regista, il quale, fornendo brevi cenni circa il lavoro preparatorio e i concetti cardine che saranno affrontati, ha spiegato che l’idea di cominciare a sipario aperto si deve alla volontà di configurare la rappresentazione come un incontro che manifesti l’esigenza di ricordare l’orrore della Shoah in modo che, anche quando non ci saranno più testimoni, la memoria di quel che è stato continui a vivere e ci serva da monito perché fatti simili possano non ripresentarsi in futuro.

Lo spettacolo ripercorre le vicende degli ebrei in Italia, con un focus particolare sui bambini, la loro deportazione nei campi di lavoro e le condizioni di vita in questi ultimi. Durante gli anni del fascismo, l’Italia vara delle leggi razziali sul modello di quelle tedesche che conducono alla deportazione di massa di ebrei, a prescindere dall’età e dal sesso, nei campi di stermino. I futuri schiavi vengono convogliati durante la notte e stipati in vagoni merce nei quali patiscono la fame e la sete per giorni e giorni.

Una volta arrivati al campo, viene loro chiesto di spogliarsi e indossare abiti da lavoro, le donne e i bambini vengono separati dagli uomini, sono costretti ai lavori forzati. L’evento immancabile della giornata è l’appello; ai detenuti viene chiesto di mettersi in riga e, rispondendo presente, ognuno di loro acquisisce la consapevolezza di essere sopravvissuto ancora un giorno all’interno della fabbrica degli orrori. Chi non ce la fa più, si scaglia contro i fili spinati che cingono il campo; perché era la morte la sola cura per i feriti e i malati.

Ogni giorno giungono orde di diversi  – non solo ebrei, ma anche zingari, omosessuali, oppositori politici, testimoni di Geova -, non si è mai a corto di manodopera. I lager non risparmiano neanche i bambini che dai dieci anni in su sono tenuti ai lavori. Un destino ancor più tragico tocca però a quelli che non li avevano ancora compiuti i dieci anni; questi vengono molto brutalmente uccisi oppure utilizzati come cavie di laboratorio per brutali esperimenti. Lo spettacolo riflette anche sui temi della guerra e della memoria.

La guerra, si dice, è un lavoro; l’economia di un paese ne potrebbe trarre enormi benefici. Però, se davvero è un lavoro, la guerra è il lavoro sporco di chi, ad esempio, rappresentando un paese sprovvisto di risorse minerarie, vuole ottenerne con ogni mezzo da un altro paese e a condizioni estremamente vantaggiose. Le storie sono il nutrimento della memoria e ci sarà bisogno di ricordare finché, nelle parole del regista, “ci sarà qualcuno che alza il braccio teso verso l’alto a richiamare il saluto nazista, fascista, fino a quando qualcuno disegnerà una svastica su di un muro, anche se probabilmente non conosce il vero significato di quel terribile simbolo che circa ottant’anni fa faceva tremare il mondo, fino a quando sapremo di olocausti ancora in atto, di guerre di sopraffazioni, fino a quando i cingolati dell’odio non si fermeranno, fino a quando le armi continueranno ad uccidere a sterminare popolazioni inermi, fino a quando i diritti di libertà di democrazia di credo non saranno rispettati e accettati da tutti.” Lorenzo Castelli  

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