Il processo per il fallimento dura quasi vent’anni. La corte dei Conti condanna un avvocato mazarese

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
05 Novembre 2013 08:48
Il processo per il fallimento dura quasi vent’anni. La corte dei Conti condanna un avvocato mazarese

Ancora un altro caso di procedimento giudiziario lumaca. Una procedura fallimentare che si è protratta per troppi, lunghi anni, di una durata irragionevole, sproporzionata rispetto alla semplicità del caso. E ciò ancora una volta a dimostrazione dell'inefficienza, confrontandolo con

quelli degli altri Paesi europei, del sistema giudiziario italiano, causata spesso da un numero esorbitante di cause (a cui fa da contraltare un'esagerata ed abnorme produttività della giustizia) e soprattutto da lentezze ed inadempienze che generano frequentemente sanzioni su sanzioni.

Andiamo ai fatti. Era già successo qualche mese fa che un avvocato di Castelvetrano fosse condannato a versare alcune migliaia di euro all'Erario, a causa dell'inerzia a concludere una procedura fallimentare, e che l'imprenditore fallito, danneggiato per via dell'eccessiva lunghezza del procedimento, dopo 27 anni, fosse risarcito dal Ministero della Giustizia. Questa volta la stessa sorte è toccata ad un avvocato di Mazara del Vallo, Biagio D'Andrea, che la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, lo scorso 28 ottobre, ha condannato al pagamento di una somma complessiva di 10.000 euro in favore del Ministero della Giustizia; lo stesso Ministero che nel 2009 era stato costretto a pagare a favore di un esercente di un bar-pasticceria la somma di 15.000, a titolo di risarcimento del danno subito per la non ragionevole durata della procedura fallimentare, di cui egli era parte in causa.

Era accaduto che, con sentenza del Tribunale di Marsala del 1992, era stata aperta la procedura fallimentare nei confronti dello stesso imprenditore. Il curatore fallimentare nominato era l'avvocato D'Andrea. Quest'ultimo avrebbe dovuto attivarsi per svolgere le più elementari attività imposte dalla legge, ma le sue "inerzie operative" e il "difetto di diligenza" hanno portato ad "una durata assolutamente non ragionevole" della procedura fallimentare che si è allungata per oltre 15 anni, procedura che "avrebbe dovuto avere una durata fisiologica di cinque anni".

Così l'inattività della "curatela D'Andrea" ha causato un danno anche patrimoniale al fallimento, poiché i beni in attivo dell'esercente erano stati lasciati deperire nel tempo. Perciò - quasi un gioco a scaricabarili - l'imprenditore fallito, ai sensi della Legge Pinto del 2001 sulla ragionevole durata dei processi, ha ottenuto il "riconoscimento del diritto all'equa riparazione" e, di conseguenza il risarcimento suddetto dal Ministero; risarcimento che i Giudici della Corte dei Conti hanno, in parte, "girato" al curatore fallimentare colpevole di poca diligenza.

Quest'ultimo colpevole sì, ma non totalmente, visto che "l'anomala protrazione di una procedura che, per mancanza di aspetti problematici avrebbe dovuto essere sollecitamente definita" non è stata rilevata da altri organi dell'Amministrazione giudiziaria che avrebbero potuto intraprendere iniziative volte a porre rimedio alla procedura fallimentare troppo "rilassata".

Peraltro sembra che l'Avvocato mazarese non sia nuovo a simili condotte. A dicembre dello scorso anno lo stesso era stato condannato a risarcire altre diecimila euro, sempre per una simile procedura fallimentare "di lunga durata".

Vincenzo De Santi

05-11-2013 9,45

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