Il pittore e il poeta – Giacomo Giannone, “Il sonno dell’insonnia”

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
14 Gennaio 2015 17:23
Il pittore e il poeta – Giacomo Giannone, “Il sonno dell’insonnia”

Un'opera d'arte per divenire immortale deve sempre superare i limiti dell'umano senza preoccuparsi né del buon senso né della logica. Giorgio De Chirico 

“Il sonno dell’insonnia” di Giacomo Giannone non è un libro di poesie dedicato a Salvino Catania, nonostante tutte le poesie ne “parlano” e lo fanno “parlare”, nonostante in copertina campeggia una sua opera e, al suo interno, altre sette, nonostante il libro termina con una foto dell’Artista a corredo della sua biografia.

“Il sonno dell’insonnia” – che è uscito nel mese di dicembre del 2014, proprio ad un anno dalla scomparsa di Salvino – è un libro che Giacomo Giannone ha voluto dedicare “A chi ha voluto bene Salvino”.

In questo libro il poeta “dipinge” i suoi versi con i colori del pittore (in “Vado con Pégaso”: colori ignoti sfuggenti/voglio catturare/…/voglio dipingere/le lacrime del mio cuore ) e il pittore “scrive” le sue tele con i versi del poeta (ne la poesia “Il teschio”: “Lo volli adagiare su/ un morbido scialle”/ e aggiunse/” per non farlo soffrire”); il poeta fa parlare il pittore (“Nel mio deserto”: “La natura è vento,/ fuoco, fango, anche/ in luoghi asciutti/esiste la vita” (…) ”Nelle mie vene/scorre sabbia/vermiglia spinta/da disperata rabbia”) e il pittore fa dipingere il poeta (in “Visioni”: Un fiore nel vaso/di cristallo/una rosa scintillante/ rosso colore/e una gardenia/ Una palma sul lungomare/asfaltato/ventaglio di ombra/al sole spiegato/…/Un ficus gigante nel giardino/e l’arco antico a ricordare/dei Normanni il regno).

Il poeta, insomma, si fa pittore e il pittore si fa poeta, fino a diventare, ne “La capanna” (“La capanna è nido d’amore/ di sogni. Io ora dipingo solo/capanne per chiudervi dentro/la mia follia, il mio dolore”) e nella poesia “Io e te” (Io e te in una capanna/posata su una nuvola bianca/trasparente) un’unica cosa.

 

Nella prefazione al libro, Paola Giannone, cerca di delineare il profilo dell’Artista:

 

(…) Salvino Catania (…) è stato un miscuglio di frenesia, furia, dolcezza, sogno, follia sanitaria e artista a tutto tondo che ha attraversato stili pittorici e momenti della vita così diametralmente opposti, così incoerenti gli uni con gli altri tanto da evocare quella curiosità tipica nelle persone prive del dono del talento nei confronti della creazione pura, una curiosità mossa a cercare nella sua vita privata, nella sua malattia, nei suoi periodi di equilibrio l’origine della sua arte.

E allora le visioni crepuscolari o violente che si accanivano in tele campite di colori carichi di stridenti accostamenti sembravano a tutti lo specchio del suo tormento mentale e nello stesso tempo lo svelamento del segreto della vita e del reale occultato ai normali abitanti della terra. (…) Salvino Catania (…) all’interno del suo mondo psichico ha letto ciò che lo circondava, prima di ogni cosa la sua terra, la Sicilia (…), che si presenta in continuazione nelle sue tele spesso trasfigurata in colori vivacissimi; poi, sia attraverso una tecnica astratta che attraverso un naturalismo sempre coloratissimo, la morte, la politica, il rapporto con la spiritualità, la vitalità del mondo animale quale sorgente di vita (…).

 

E, infine, ci parla del rapporto che negli anni si è instaurato fra il poeta e il pittore, un rapporto fatto di amicizia, confidenze e mezze confessioni. Questa silloge, come le opere metafisiche (e in particolare “Il poeta e il pittore” del 1975) di Giorgio De Chirico, trasmette un senso di malinconico abbandono, di silenzio assoluto, di lontananza, perché Giannone – come De Chirico –, ascoltando cose silenziose, segreti e suggestioni ha saputo sintetizzare in versi l’inquietudine dell’uomo-pittore e dell’uomo-poeta. Il pittore e il poeta figure emblematiche di una solitudine quasi eroica.

Giacomo Cuttone

14/01/2015 18:21

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