Il naturalista Enzo Sciabica sull’uccisione dell’avvoltoio Clara: “La caccia andrebbe chiusa per 5 anni”

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
13 Settembre 2018 12:44
Il naturalista Enzo Sciabica sull’uccisione dell’avvoltoio Clara: “La caccia andrebbe chiusa per 5 anni”

Tiene ancora banco, e questa volta lo fa con un risalto a livello nazionale, la tutela della fauna volatile a Mazara del Vallo. È recente infatti la notizia dell’uccisione di “Clara”, il raro esemplare di femmina di avvoltoio capovaccaio, trovato impallinato a 10 km a nord ovest di Mazara del Vallo, in zona Margi Milo. Proprio uno di quei luoghi in cui le associazioni di volontariato per la tutela dell’ambiente e del territorio, insieme all’operato di Ispra e Cerm, monitorano costantemente e puntano a preservare dal bracconaggio e da interventi che deturperebbero l’ambiente circostante.

In merito alla questione, abbiamo sentito Enzo Sciabica, naturalista di Mazara del Vallo e componente di un movimento a tutela dell’ambiente. Sciabica, nonostante sia stato creato a Mazara un movimento che punta alla difesa di questa e altre specie, questi pennuti continuano a morire in preda al bracconaggio, ci può spiegare il perché? «Perché in Italia non conta il merito ma solo la propaganda e le dicerie. Seguivamo “Clara” con l’Ispra e il Cerm e sono stato io a raccoglierla morta.

Era stata liberata il 3 settembre a Matera, aveva superato il Pollino e si era diretta verso la Calabria per poi fare scalo nel mazarese. Era in compagnia di una sorella "Irene", la quale invece ha fatto rotta verso Agrigento. La sorella era riuscita a raggiungerla ed è successivamente riuscita a migrare verso l’Africa passando da Pantelleria, mentre “Clara” non ce l’ha fatta. Queste specie fanno parte del patrimonio naturale e vanno salvaguardate. I volontari delle associazioni venatorie e ambientaliste che fanno controllo sul territorio per la tutela dell’ambiente e il controllo dei cacciatori, i quali, nel periodo in cui prestano servizio per la tutela dell’ambiente e il controllo dei tesserini venatori, non devono praticare questa attività fruendo del porto d’armi per uso caccia».

Come combattere il fenomeno del bracconaggio, per il quale la punta occidentale della Sicilia è stata definita dal Cerm come vero e proprio “buco nero”? «E’ una vita che combatto il bracconaggio, queste specie di pennuti ed altri simili passano da Mazara e questo è il primo caso di impallinamento. In passato questi esemplari erano attratti della discarica di Campobello ed erano facilmente sorvegliati, una volta chiusa la discarica, gli animali restano vaganti e capita che i cacciatori siciliani sparino senza fare caso a niente.

Più volte ho segnalato questi atti al competente Assessorato Regionale Agricoltura e Foreste ed al competente Assessorato Territorio e Ambiente, sottolineando che la caccia andrebbe chiusa almeno per 5 anni, in modo da rigenerare il paesaggio bruciato e raso al suolo e da redimere chi pratica attività di caccia senza rispettare le regole». Il progetto “Life” a cura dell’Ispra e dello stesso Cerm, che puntava alla tutela di tutte queste specie, andrebbe secondo Lei rivisto? «Scientificamente è fatto regola d’arte, è soltanto la regolamentazione che andrebbe adeguata.

Bisogna ritornare ad istituire delle riserve di caccia dove far cacciare i cacciatori esclusivamente in aree riservate con selvaggina allevata e addestrata e non su selvaggina rurale e precludere la caccia vagante sul territorio libero per le campagne». Tommaso Ardagna

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