Il metodo Kondo e gli oggetti che non riusciamo a lasciar andare

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
07 Dicembre 2019 19:23
Il metodo Kondo e gli oggetti che non riusciamo a lasciar andare

Da alcuni anni impazza tra le signore, in particolare nei vari gruppi social dove si discute di organizzazione domestica, pulizie e arredo, il metodo Kondo, ossia la magica arte del riordino ideato da una giovane donna giapponese, Maria Kondo, che sull' argomento ha scritto libri, realizzato video e tutorial, un programma su Netflix e adesso anche conferenze in giro per il mondo. Una vera guru dell'ordine e del riordino, insomma, che della materia ha fatto un culto, uno stile di vita. Anche un genio, direi, perchè a volte basta poco per inventarsi qualcosa, anche di estremamente semplice, che ti svolta la vita e ti fa diventare milionaria.

Il metodo Kondo nasce dal presupposto che l'ordine fisico e materiale vada di pari passo con l'ordine mentale, e che il disordine sia spesso il riflesso di un certo caos interiore, per cui inevitabilmente mettere in ordine la casa aiuta a mettere in ordine la vita. Nei video si vede lei che entra dentro case incasinatissime e mette ordine nelle vite altrettanto incasinate delle persone. La genialità di questa donna consiste nell' aver preso quello che noi chiamiamo genericamente “sbarazzo” e averne fatto una filosofia, uno stile di vita, un modus vivendi, facendolo passare per un'idea originale e facendoci soldi a palate.

Ti fa riflettere su quanti oggetti inutili e inutilizzati teniamo nelle nostre case, nei nostri cassetti, nelle nostre vite. Su come tendiamo all'accumulo in maniera maniacale, patologica, sulla fatica che facciamo a sbarazzarci delle cose. Ti insegna come tenere ciò che solo effettivamente ti serve, e anche quello, a riporlo in modo da occupare pochissimo spazio. In pratica questo metodo ti insegna a lasciar andare le cose, e a circondarti solo di ciò che ti rende felice. Se non funziona, spiega lei, ciò è dovuto ad un eccessivo attaccamento al passato o ad una paura del futuro, o enterambe le cose.

La prima volta che ho visto un video dove piegava le magliette in modo da risparmiare spazio mi sono chiesta come avessi fatto a non pensarci prima, era di una semplicità disarmante! Finalmente gli asciugamani, arrotolati e non più piegati in quattro, entravano tutti nei cassetti. Adesso parto per una settimana portando con me ciò che prima portavo per un weekend. Ma ciò che conta non è tanto il ripiegare ma l' arte dello " sbarazzo", come dicevo prima. Ne ha fatto un metodo. Il nostro sbarazzo era più grossolano e disorganizzato, diciamo.

Lei ti dice che se inizi a buttare e a fare spazio e ad eliminare il superfluo tutto intorno a te sarà più snello e libero e tu sarai più felice. Ma come abbiamo fatto a non pensarci prima? In realtà, è inutile prenderci in giro, sono tutti concetti che conosciamo benissimo ( chi di noi non ha mai avuto una mamma o una nonna che non ci raccomandasse di “sbarazzare”?) Il problema è metterlo in pratica, imparare il metodo e non abbandonarlo più. In più lei ha avuto la genialità di dire che sì, devi buttare per fare spazio, però ti concede (che gentile!) di conservare solo le cose che ti danno emozione.

E qui casca l'asino!. Perché se sei una persona fredda e pragmatica, in una giornata ti sei sbarazzata di tutto e vivi felice secondo la filosofia giapponese. Ma se sei una che piange appena ritira fuori la prima tutina indossata da tuo figlio appena nato sono problemi seri. Se poi il figlio è più di uno i problemi si moltiplicano. Si, perché ci sono le tutine e le copertine e i lenzuolini i di quando sono nati, il vestitino del battesimo, del primo compleanno, il grembiulino dell' asilo, la prima divisa da calciatore, e poi  quella del basket, e il costume e la cuffietta di quando ha vinto la prima gara di nuoto, e nel frattempo si aggiunge la tunica della prima comunione, e la divisa degli scout, in un crescendo di prime volte che ti fa entrare in un girone infernale da cui non esci più.

A me capita con i libri e i quaderni .di scuola. Mentre le altre mamme a fine anno scolastico buttano i quaderni e vendono i libri, io ho tutti i quaderni conservati dalla prima elementare. Di vendere i libri, poi, non se ne parla! E che dire di tutti i jeans e i vestiti che non ti entrano più da anni e che “appena dimagrisco me li rimetto”? E poi ci sono le coperte della nonna, le lenzuola ricamate dalla mamma, il cappotto di quella sera di pioggia in cui hai incontrato l' uomo della tua vita, l'abito indossato al matrimonio di tua sorella e quello di tua cugina che per te è come una sorella, la copertina di Linus di quando eri all' università e ti ci coprivi nei lunghi pomeriggi di studio e che ti sei poi portata dietro in tutte le case che hai abitato, i cappelli comprati alla Rinascente, la sciarpa che ti regalò il tuo primo amore, il vestitino comprato a Positano durante una vacanza indimenticabile, tutti i diari degli anni della scuola, le Smemorande , il maglione che prestasti perchè sentiva freddo l' ultimo Natale a casa tua a chi ormai non c'è più e se lo avvicini ti sembra di sentirne ancora il profumo.

No. Cara Marie Kondo, il tuo metodo con la maggior parte di noi è una battaglia persa. Quanto deve essere grande una casa per contenere tutti gli oggetti che ci regalano emozioni? Ma, se sono solo oggetti, perchè non riusciamo a lasciarli andare?   Catia Catania

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