“Fra pirateria tunisina ed indifferenza autorità italiane ed Ue”. Intervista al capitano del m/p Pindaro

Redazione Prima Pagina Mazara
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05 Settembre 2013 13:45
“Fra pirateria tunisina ed indifferenza autorità italiane ed Ue”. Intervista al capitano del m/p Pindaro

 VIDEO    Dopo qualche giorno di pesca è arrivato nel "porto nuovo" il "Pindaro", il motopesca mazarese fermato lo scorso 20 agosto da una motovedetta tunisina ai limiti della zona di ripopolamento ittico detta "Mammellone"

e poi sequestrato fino al 26 agosto nel porto di Sfax. Abbiamo incontrato a bordo il capitano del motopesca, Vito Perniciaro (in foto a bordo del "Pindaro") , è stato proprio lui a consegnare, per conto della società armatrice Ma.Gi.Mo srl, i circa 16.000 euro dell'ammenda stabilita dall'autorità tunisina di vigilanza marittima per il rilascio.

Adesso il peschereccio, con il suo equipaggio composto da sei cittadini italiani (compresi due mazaresi di origine tunisina) ed un tunisino, è già quasi pronto per potere ritornare sui banchi di pesca per potere recuperare i giorni di lavoro perduti e successivamente effettuare il fermo biologico dal 1 ottobre al 30 ottobre.

D: capitano Perniciaro è finita bene questa avventura, avete avuto paura?

R: La paura l'abbiamo avuta quando, con un vero atto di pirateria, la motovedetta tunisina si è affiancata e due militari con le mitragliette spiegate sono saliti a bordo, pian piano poi ci siamo calmati. Si erano affiancati per un controllo, poi ci hanno chiesto documenti ed infine ci hanno detto di seguirli fino a Sfax. Un atto di pirateria ripeto

D: Voi eravate in acque internazionali quel 20 agosto quando fermati?

R: Mi trovavo al limite sud del "Mammellone", in navigazione in acque internazionali. Ero a 40°.00.00 di latitudine e 12°.08.70 di longitudine. Non appena affiancato dalla motovedetta ho chiesto aiuto, dalle 12,30 alle 15 non vi è stata nessuna risposta dalle autorità militari italiane, pur avendo a 15 miglia a est nord-ovest quattro mezzi militari italiani. Certo se fossimo stati clandestini sarebbero arrivati immediatamente, invece non si sono neanche preoccupati di sentire se eravamo vivi o morti. Non mi ha risposto nessuno. Alle 15 ho comunicato con la nave di vigilanza italiana "Lavinia" chiedendo, senza ricevere però nessuna risposta, un elicottero. Avevamo pescato pochissimo fino ad allora e senza commettere infrazioni, eravamo partiti da poche ore da Mazara, avevamo solo 20 cassette di pesce.

D: Come vi hanno tratto a Sfax?

R: A Sfax ci hanno trattato meglio, almeno in porto anche ci hanno messo le catene all'elica. In mare no, si sono comportati da pirati. Mi hanno preso un verbale di 35.000 dinari circa 16.000 euro scrivendo che eravamo entrati di circa 250 metri nel cosiddetto "Mammellone".

D: Il "Mammellone" è una zona di ripopolamento ittico riconosciuta dall'Italia nel 1979, vi pescano solo i tunisini?

R: "Macchè. Il Mammellone è una presa in giro perché non serve a niente. Noi facciamo fermo biologico per un mese, ed i tunisini addirittura per tre mesi, gli egiziani invece nel numero di circa un'ottantina di pescherecci vi pescano h24. Cosa dobbiamo aspettare che il pesce esca da quella zona? Gli egiziani stanno predando quell'area, la stanno arando. Cosa fa l'Unione Europea? Queste cose le sanno. Il nostro fermo biologico non serve niente se non viene esteso ad altre marinerie.

D: Inoltre dovete far fronte ad una crisi, aggravata dai costi energetici, vedi il caro-gasolio. Con che stato d0animo continuate il vostro lavoro?

R: A parte la crisi gravissima ci mancava anche questa sequestro. Non sa quanti danni ha fatto la perdita di questi giorni di pesca, danni agli armatori e a tutto l'equipaggio. Speriamo che le autorità italiane prendano in qualche modo provvedimenti, si aprano gli occhi e si impegnino per la salvaguardia di noi pescatori e delle nostre famiglie.

05-09-2013 15,30

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