Covid19, “in famiglia abbiamo contratto il virus. Siamo stati abbandonati fisicamente e psicologicamente”. Il racconto di Mary Celestino

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
07 Dicembre 2020 17:02
Covid19, “in famiglia abbiamo contratto il virus. Siamo stati abbandonati fisicamente e psicologicamente”. Il racconto di Mary Celestino

Cari lettori, riceviamo e pubblichiamo una nota inviata questa mattina alla nostra Redazione da una cittadina di Mazara del Vallo, Mary Celestino (in foto di copertina), attraverso la quale la stessa racconta la situazione attualmente vissuta insieme ai suoi familiari, tutti in quarantena dopo esser risultati positivi al covid-19. Ecco il suo racconto: “Volevo condividere la triste e angosciosa situazione che stiamo vivendo da circa un mese io e la mia famiglia. In data 9 novembre, in seguito ad un test antigenico, effettuato a causa di una sintomatologia riconducibile al covid 19 , in famiglia siamo risultati positivi 3 membri su 4.

Immediatamente abbiamo sperimentato  panico e paura ma la cosa più triste è stato il senso di frustrazione e di abbandono che abbiamo vissuto. Il primo tampone molecolare, purtroppo, è stato effettuato dall' USCA dopo 11 giorni, ossia in data 20 novembre, rilevando tempi di attesa lunghi... quasi biblici, direi! Oggi dal primo molecolare sono trascorsi 17 giorni. In tutto questo tempo nessun sostegno, né medico né psicologico. Ci siamo ritrovati con una figlia adolescente di 12 anni in isolamento domiciliare, in una camera di pochi metri quadri, per paura che venisse contagiata dal resto della famiglia.

Una ragazzina che, nonostante fosse risultata negativa al tampone molecolare, non ha più potuto frequentare la scuola. Purtroppo, ahimè, non ha potuto nemmeno effettuare la DAD perché la scuola ha ritenuto che fosse poco funzionale. Nonostante le venissero inviati i compiti sulla piattaforma, nessuno poteva occuparsi di spiegare i nuovi concetti da apprendere. Nervosismo, ansia, mancanza di sostegno e di conforto, angoscia per un virus maledetto che cerca di attaccarti e distruggerti in tutti i modi possibili... Queste le emozioni che abbiamo esperito giorno dopo giorno.

Abbiamo patito disagi sia da un punto di vista fisico che prettamente psicologico. Le nostre giornate lunghe, lunghissime con continue telefonate  ai diversi numeri  all'USCA, a cui non rispondeva nessuno.  Il senso di impotenza e di abbandono esperiti sono difficili da tradurre in parole. Abbiamo anche mandato familiari e amici presso la sede  dell'USCA, in via Livorno, per sollevare la questione ma senza nessun esito positivo. Con disappunto abbiamo notato che non esiste nemmeno un'insegna che indichi la sede di questa unità, tanto che i nostri familiari hanno pensato di essere in una location sbagliata.

Ora, potrei anche capire, che sono due unità su un vasto Distretto, ma visto le difficoltà organizzative potrebbero consentire ai cittadini di effettuare un molecolare privatamente al fine di velocizzare i tempi. Chi lavora come dipendente ha lo stipendio assicurato ma i liberi professionisti che fanno? Abbandonati e dimenticati  da tutti , è semplicemente vergognoso! Le nostre vite sospese...ad aspettare che qualcuno si prendesse cura di noi tra disagi emotivi , psicologici e impossibilità di autonomia.

I giovani hanno avuto l’ennesima grande delusione dagli adulti, si accorgono di essere visti solo quando fanno le feste e diventano untori, senza che siano mai considerati quando perdono il lavoro, quando chiedono diritto allo studio o altro. Io ho due figlie di 16 e di 12 anni, quando mi chiederanno “mamma, tu come adulto cosa hai fatto quando eravamo in emergenza?”, io dovrò poter dire che almeno ci ho provato. Che almeno ho messo a disposizione i miei strumenti condividendo la nostra esperienza”.

Il mio obiettivo è quello di sensibilizzare   istituzioni affinché tutto possa funzionare meglio e si intraprenda una campagna per l’accompagnamento psicologico. Purtroppo viviamo nella cultura della vergogna! Perché a mio parere non è tanto quello che succede ma cosa ce ne facciamo”.  

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