“Una punta di Sal”. Il Mediterraneo che muore…

Redazione Prima Pagina Mazara

Sembra inammissibile ma è così. Il Mar Mediterraneo, che per millenni ha nutrito con il suo pesce popoli e civiltà, è sempre più vuoto. Colpito da una “sovrapesca” che sta arrecando danni gravissimi alla sua biodiversità. Certo, il Mediterraneo non è mai stato particolarmente pescoso, e come scriveva il grande storico francese Fernand Braudel oltre mezzo secolo fa, le genti mediterranee hanno sempre dovuto associare “le magre risorse della terra alle magre risorse dell’acqua”.

Un mare brulicante di vita ancora ai tempi dei nostri nonni rischia, dicono gli scienziati, di trasformarsi in un deserto azzurro, ancora più vuoto dei deserti di terra che, come ricordava sempre Braudel, lo cingono da est, da sud e da ovest. Franco Andaloro, che conosce bene la situazione della pesca in Sicilia ed a Mazara del Vallo in particolare per averla vissuta quando trascorreva le sue vacanze in città, è dirigente di ricerca e direttore della sede siciliana della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli.

L’obiettivo- ha detto in una recente intervista - è ripensare la pesca nella nuova era, l’antropocene, l'attuale epoca geologica, nella quale l'essere umano con le sue attività è riuscito con modifiche territoriali, strutturali e climatiche ad incidere su processi geologici”. Andaloro sottolinea che per alcune specie ittiche di particolare pregio commerciale si arrivi a uno sfruttamento del 90%. “A differenza di un tempo, quando erano i pescatori a determinare il mercato con le loro catture, oggi è il mercato a determinare ciò che fa il pescatore.

Il mercato richiede certe specie, e paga per quelle. Ciò avviene dalla grande distribuzione alle piccole pescherie”. Se ne discuterà a Mazara, dal 18 al 22 Ottobre, nel corso della XII edizione del Blue Sea Land il cui scopo è quello di mettere a sistema le esigenze dell’economia, la crescente pressione verso politiche più sostenibili e le raccomandazioni della più recente letteratura scientifica nel campo della pesca e dell’agricoltura al fine di promuovere un’azione sinergica verso una gestione più responsabile ed equa delle risorse della terra e del mare.

Tema centrale dell’edizione 2023 sarà “Transizioni: un ponte verso un mare che cambia”. In sostanza, l’epoca in cui la massaia o il cuoco andavano al mercato del pesce e per il pranzo di venerdì compravano “ciò che dava il mare” è ormai lontana. Esotica come certe immagini in bianco e nero quella della pesca del tonno “nelle ricche acque di Favignana” (“Laboriosa lotta di braccia e di maglie robuste, contro il guizzare impetuoso dei grossi pesci, coronata però da un’abbondantissima retata…” scandisce la vocedi un documentario dell’Istituto Luce.

Spiega Andaloro: “Mezzo secolo fa si consumavano in Italia circa 140 specie di pesce, mentre oggi di specie del Mediterraneo se ne consumano una quarantina, e l’80% del consumo si concentra su una dozzina di esse”. Si tratta prevalentemente di specie demersali, cioè di fondale, “come naselli, triglie, spigole e seppie, catturate con la pesca a strascico, oppure dei grandi pesci pelagici come il tonno e il pesce spada”.

A Mazara del Vallo la pesca si è concentrata sui gamberi, il pesce più remunerativo ma con costi altissimi per pescarli. Gli armatori si lamentano e invocano sussidi per abbattere il prezzo del gasolio, risposte però non ne arrivano e così tra il dire e il fare scorre, ineluttabile, il tempo. C’è la piccola pesca, quella artigianale che ancora si pratica soprattutto nei centri minori della costa mediterranea. I piccoli pescherecci, quelli sotto i 12 metri di lunghezza, rappresentano circa il 5% di tutto il volume di pesce pescato nelle acque della UE.

I piccoli pescherecci, in ogni caso, rappresentano tra il 70% e l’80% della somma totale di imbarcazioni individuali - si legge in una nota documentata dell’Associazione Europea - quindi il loro impatto, per quanto concerne la sovrapesca, è relativamente piccolo se paragonato alla pesca su scala più grande. Essi però tendono a essere maggiormente colpiti dall’impoverimento del mar Mediterraneo rispetto ai pescherecci più grandi e industriali, che hanno una mobilità superiore e sono in grado di pescare con più intensità”. Anche i cittadini però devono fare la loro parte.

Abbiamo bisogno di consumatori informati. Immaginiamo un consumatore che rifiuta il pesce sottotaglia. O che non compra il novellame di sardina e di acciuga, o che declina la piccola frittata con le triglie da cinque centimetri. I consumatori sono l’ultimo e più forte baluardo contro l’illegalità” nota Andaloro. “Al mercato, anziché comprare il solito trancio di tonno o di pesce spada, sarebbe bene optare per il pesce di una delle “specie dimenticate”, come le chiama Andaloro.

Pesce che le nostre nonne e bisnonne cucinavano con straordinaria perizia, e che oggi è scomparso da molti menù casalinghi, ma che abbonda (relativamente) nelle acque mediterranee, dato che le specie più pescate sono altre. Una scelta che peraltro aprirebbe anche straordinari scenari gastronomici” chiosa Andaloro. Secondo alcuni studiosi sarebbero nocivi anche i sussidi per la costruzione di nuovi pescherecci (proibiti nel 2004, ma destinati probabilmente a riapparire col prossimo European Maritime and Fisheries Fund).

A Mazara sussidi non ne arrivano perché nessuno li richiede, anzi si alza la richiesta per le demolizioni. Per rendere la pesca mediterranea più sostenibile si deve guardare a nordovest. Per esempio alle fredde ma pescosissime acque islandesi. L’Islanda deve alla pesca una fetta rilevante della sua prosperità, e quindi ha tutto l’interesse che l’industria sia sostenibile nel medio-lungo periodo. Sono i consumatori, comunque, che possono giocare un ruolo di rilievo seguendo i principi base di selezionare pesce pescato localmente, nella stagione corretta, con attrezzature a basso impatto, e pagando il prezzo giusto per esso.

Forse in questo modo anche i nostri figli, e i figli dei nostri figli, avranno la possibilità di gustarsi una buona pasta alla scoglio o una bella frittura, nel 2060.

Salvatore Giacalone