“Una punta di Sal”. Il culto di San Vito così come non lo avete mai conosciuto
Fra tre giorni, 15 giugno, i mazaresi festeggiano San Vito, il Santo Patrono. Una festività quasi dimenticata. Eppure l’attaccamento a questo Santo si perde nella notte dei secoli, un Santo che viene implorato con manifestazioni della cultura religiosa a livello popolare. Fra tre giorni però non vi sono manifestazioni popolari che invece vengono programmate nell’ultima settimana di agosto con il Festino (in copertina una foto di diversi anni fa con l'uscita del Santo dalla chiesa di San Vito a Mare). Mercoledì negozi e uffici chiusi, questo si, ma potrebbe esserci un momento di riflessione a diversi livelli, oppure ripensare e rileggere la vita più o meno leggendaria del Santo.
Figure di santi e pratiche di culto sono tanto familiari nella nostra storia e nella nostra tradizione quanto ignota è la conoscenza dell’origine dei culti, del loro significato antropologico oltre che devozionale. San Vito è un caso emblematico, certamente uno dei santi più popolari in tutta Italia e in Europa, sulla cui figura è stato ripubblicato uno studio di Dario Ianneci, docente di lettere al Liceo Classico “De Sanctis” di Salerno, già edito una prima volta nel 2000. Il volume dal titolo Il libro di San Vito.
Storia, leggenda e culto di un santo medievale (Edizioni Gutenberg, Salerno, 2005, pp. 168, € 13.00) vuole essere un viaggio alla scoperta di una delle figure più popolari della storia religiosa, devozionale, folclorica di mezza Europa. Patrono di un gran numero di paesi, di piccoli villaggi e di grandi città, di intere regioni come la Sicilia, la Sassonia, la Boemia, San Vito è uno dei santi più importanti della tradizione medievale. Quasi non vi è paese in Italia e in Germania che non abbia una almeno una piccola cappella a lui dedicata, e qualche sua reliquia custodita e venerata da secoli in qualche chiesa o convento.Con i suoi trentaquattro patronati San Vito, martire cristiano del tempo dell’imperatore Diocleziano (III-IV sec.), è stato il santo più popolare in Europa dal Medioevo all’età della Controriforma.
Sotto la sua protezione sono stati accostati morbi come l’epilessia, la rabbia, la còrea detta appunto “ballo di San Vito”; e molte categorie di artigiani lo hanno eletto nei secoli a loro protettore (osti, birrai, ballerini, e finanche i lanzichenecchi).
La storia di San Vito, così come è la conosciamo, narra di un fanciullo di sette anni, nato in Sicilia. Figlio di padre pagano. Il bambino operava molti miracoli finchè l’autorità locale (Valeriano), non lo fece arrestare, torturare e chiudere in carcere. Il padre cercò allora di convincere il fanciullo a rinnegare la sua fede con punizioni e con lusinghe. Liberato miracolosamente dalla persecuzione di Valeriano, insieme al pedagogo Modesto e alla nutrice cristiana Crescenza, approdò in Lucania, alle foci del Sele. Da qui, cresciuta la sua fama, fu poi chiamato a Roma dall’imperatore Diocleziano che aveva un figlio malato, Vito lo guarì, ma l’imperatore irriconoscente lo fece ugualmente incarcerare e torturare perché egli non aveva voluto rinnegare la sua fede. Un angelo liberò Vito, Modesto e Crescenza dalla tortura e li condusse con un volo miracoloso presso il fiume Sele dove i tre morirono.
Il volume di Ianneci tenta di ricostruire il percorso della nascita e dello sviluppo del culto di questo santo molto venerato soprattutto nelle campagne meridionali, ma in genere in gran parte d’Italia. Un altro capitolo molto interessante indaga il significato di alcuni temi chiave del culto di san Vito, quali ad esempio il cane del santo, l’uso di acque miracolose per guarire dalla rabbia e il noto “ballo di San Vito”. Il cane di San Vito – sostiene l’autore – così ricorrente nella storia del Santo, non ha a che fare con il cane reale, si tratta piuttosto di una rappresentazione simbolica del “Cane astrale”, di Sirio, la luminosa costellazione che nell’antichità rappresentava l’estate, la terribile estate del mondo mediterraneo con la sua arsura; un tempo dell’anno a cui, fin dalle epoche più remote, si riconducevano eventi e prodigi terribili e pericolosi per la campagna, per gli animali e per l’uomo.
San Vito così fin dall’antichità fu come molti altri santi il protettore delle messi dal pericolo della siccità e dell’arsura, il difensore dei campi, sul cui limitare sorgono ancora oggi le cappelle, dai raggi infuocati del sole sotto il segno di Sirio, la stella del Cane. Il santo che “controlla il Cane”. Solo quando col tempo si perse la cognizione del valore simbolico e rituale del “cane celeste”, San Vito divenne riduttivamente il protettore del morso del cane idrofobo.
Anche questa volta il culto di San Vito, diffuso nelle regioni dell’antica Magna Grecia, opponendosi a queste tradizioni pagane, assorbì e adattò alla nuova temperie spirituale cristiana le antiche pratiche di culto e la figura del martire rappresentò l’oppositore e il guaritore di tutte le forme di “instabilità” del corpo e della mente, fino a porre sotto il suo patronato anche le catastrofi naturali come il terremoto. E, per finire, San Vito, proteggi la tua città, Mazara, che ne ha tanto bisogno!!
Salvatore Giacalone