“Una punta di Sal”. Guerre di terra e di mare… Non è un bel Natale

Redazione Prima Pagina Mazara

Non è un bel Natale. Da anni, ormai, si possono inventare e gestire innumerevoli giochi economici a somma non zero, dove tutti coloro che partecipano ci guadagnano. Cosa che si evince dall'incremento spaventoso della ricchezza in tutto il mondo negli ultimi 250 anni che, forse, producono le guerre armate, ma vi sono altre guerre silenziose con migliaia di morti. A Lampedusa si vive di naufragi. Non è forse anche questa una guerra maledetta che semina morte e che fino a ora, secondo l’OIM, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, ha prodotto circa 26mila morti negli ultimi dieci anni nel grande cimitero del Mediterraneo? Di chi è la responsabilità? Chi ha scatenato questa barbarie, se non l’indifferenza e i veti giunti al punto da limitare gli interventi di soccorso in mare delle ONG dettando regole contro ogni principio elementare di aiuto umanitario? “Bisogna fermare le partenze” dicono fonti governative.

Chiunque abbia fatto questa affermazione in occasione dell’ennesima tragedia consumatasi nel grande cimitero del Mediterraneo, che sia uomo o donna delle istituzioni, che sia un cittadino qualunque che abbia la fortuna di abitare da quest’altra parte del mondo, è sicuramente o in mala fede o afflitto dall’ignoranza perché ignora o fa finta di ignorare la grande tragedia. Immaginate solo per un attimo, chiudendo gli occhi, di vivere dove dominano guerre, massacri, fame e ogni forma di tortura. Ci fosse anche una sola possibilità di speranza di portare in salvo i vostri figli, seppur con viaggi a rischio organizzati da uomini senza scrupolo, che cosa fareste? Troppo comodo giudicare a pancia piena o magari dietro una tastiera facendo distinguo, inventando ogni tipo di falsità.

Troppo comodo giudicare dal pulpito istituzionale o nelle proprie case riscaldate, ipocritamente fingendo pietà ma sempre pronti a vomitare frasi senza alcun senso o lontane da ogni realtà. La guerra è alla base di quelle fughe da luoghi che mai alcuno vorrebbe lasciare ma che la speranza di continuare a vivere induce ad abbandonare, a tentare con ogni mezzo aggrappandosi alla vita, cedendo anche ai ricatti. Una guerra infame per certi aspetti peggiore di quelle combattute sul campo dove la disperazione non conosce ostacoli.

Inutile nascondersi dietro a scafisti senza scrupoli e poi minacciare nei fatti organizzazioni che, piaccia o meno, salvano vite contrariamente a quanti hanno un carico di responsabilità istituzionale. Fermiamo le guerre è il grido di chi è contro la violenza e per il rispetto dell’articolo 11 della Costituzione. «Io non sono pacifista. Io sono contro la guerra perché la guerra non si può umanizzare, si può solo abolire» così il mai dimenticato Gino Strada che ha dedicato tutta la sua vita assieme ai suoi collaboratori di Emergency a chi subisce l’orrore dei conflitti.

«Il disarmo non è una utopia» ha più volte gridato Papa Francesco ma la spirale della corsa agli armamenti non conosce sosta e i costi di ammodernamento e sviluppo delle armi, non solo nucleari, rappresentano una considerevole voce di spesa per le nazioni, al punto da dover mettere in secondo piano le priorità reali dell’umanità sofferente: la lotta contro la povertà, la promozione della pace, la realizzazione di progetti educativi, ecologici e sanitari e lo sviluppo dei diritti umani ma fabbricare armi è finanza, economia ed allora come fermare le guerre? Non è un bel Natale.

E’una festa che appartiene a varie culture, la cui essenza sta, giorno dopo giorno (un po’ come per le altre festività), sempre più scemando. Il Natale risale al IV secolo d.C., le origini nonsono certe ma possiamo ipotizzare che la data venne fissata convenzionalmente al25 dicembre come risultato dell’unione dipiù culture, tra cui quella ebraica. Negli anni la festa ha perso la sua essenza cristiana ed ha assunto i caratteri di unafestività legata al denaro e al consumo.Un esempio lampante del Natale consumistico è proprio la figura di Babbo Natale, laquale proviene da quella di San Nicola.

Il Babbo Natale come lo conosciamoodiernamente deriva da una pubblicità della Coca-Cola del 1931 che lo raffiguracome un uomo grassottello, sorridente, intento a dare regali ai bambini ed interamente vestito di rosso. Questo fu uno dei primi passi che portarono al distacco dal Natale religioso per approdare a quello consumistico odierno, anche se, ovviamente, le realtà dei nostri paesini non cambiarono facilmente. Andando indietro, ad esempio, ai tempi dei nostri nonni, troviamo un’abissale differenza rispetto ad oggi: questa festa era sicuramente più sentita sia in ambitoreligioso che in ambito affettivo; ci si riuniva per mangiare insieme e i regali non erano il fulcro della festa che si basava difatti sulla condivisione di momenti e di preghiera. Tornando ai giorni nostri, molte tradizioni sono ancora alla base nonostante siano offuscate dal consumismo.

Noi, essendo nati sotto la negativa influenza di ciò, non notiamo alcun distacco o diversità, mentre gente con un bagaglio di vita più ampio del nostro, rimpiange sicuramente i vecchi tempi.

Salvatore Giacalone