Ultime della sera: “Ricordi di Natale”

Redazione Prima Pagina Mazara

 a cura della Redazione AMICI DI PENNA     Come abbiamo fatto il due dicembre scorso per festeggiare un evento speciale, anche oggi festeggeremo il Natale facendo scrivere tutte le penne della redazione “Amici di Penna” e lo facciamo scrivendo i nostri personali ricordi su questo giorno Santo che celebra la festa della natività di Gesù Cristo.

Personalmente mi sento di condividere un ricordo di un Natale di vent’anni fa. Come è sempre stata mia consuetudine mi piace partecipare alla veglia di Natale che culmina con le parole degli evangelisti che annunciano la nascita di Cristo, l’anno precedente avevamo partecipato con Anna Maria da novelli sposi (ci eravamo sposati infatti il 4 ottobre del 1999) e l’anno successivo il 24 dicembre del 2000 ci siamo presentati nella Chiesa di San Francesco con un bimbo in braccio, quel bimbo era il nostro primogenito Luca, venuto al mondo il 10 settembre del 2000, ed in quella magica notte si apprestava ad essere immerso nell’acqua per  ricevere il battesimo del Signore.

Ricordo i preparativi di questo bellissimo evento, i tanti amici che hanno riempito la piccola casa dove abitavamo in quel periodo, sembravano tante api operaie, ognuno con un compito da portare avanti, e tutti lì nonni, parenti, amici ad adorare quel bambinello che aveva riempito di gioia la nostra casa, e poi tante emozioni, Padre Vito Rallo che dopo averlo immerso nel fonte battesimale tutto nudo me lo fa prendere in braccio per mostrarlo all’assemblea, poi vedere Innocenzo e Federica (padrino e madrina di battesimo) mettere a Luca il “tunicchio” (la veste bianca) che avevo messo io trentatre anni prima durante il mio battesimo e che mia madre aveva gelosamente conservato per l’occasione, ed infine la festa (non quella che generalmente facciamo andando tutti al ristorante) ma quella festa che era negli occhi di tutti che hanno vissuto l’emozione di assistere alla nascita di Gesù ed alla nascita in Cristo di Luca.

Un  dono di Natale speciale Frequentavo la scuola elementare quando, nel periodo natalizio, la maestra propose alla classe uno scambio di doni tra compagni. Io, entusiasta per l’iniziativa, per quell’occasione comprai una bellissima scatola di cioccolatini che, nel giorno stabilito dall’insegnante, consegnai alla compagna con la quale avrei dovuto fare lo scambio. Lei mi diede un minuscolo Gesù bambino seminudo, di quelli che vengono posti nei presepi. Io non lo apprezzai molto allora, mi sentivo fiera per aver donato un regalo di una certa “importanza”, nientemeno una scatola di cioccolatini di una famosa marca, dei “Baci” con un bel nastro blu.

Ed io cosa avevo ricevuto? Un bambinello! Mi lamentai del “piccolo” dono ricevuto con le altre compagne. Subito dopo dimenticai l’accaduto. Un giorno ritrovai quel “bambinello” e capii che quello era stato un regalo speciale, un regalo prezioso. La mia compagna, infatti, aveva avuto in famiglia serie difficoltà economiche (l’ho scoperto in un secondo momento) tanto che, subito dopo le festività natalizie, era dovuta emigrare nel nord Italia. Non aveva potuto comprare nulla per quel famoso scambio di doni, ma mi aveva dato tutto quello che, in quel momento, aveva potuto offrirmi.

Quel bambinello era il MEGLIO che io avessi potuto ricevere, era il vero senso del Natale ed io non lo avevo capito. Grazia GIOGLIO In questo giorno voglio abbracciare idealmente proprio tutti. Ho nel cuore, un albero di Natale con appesi al posto delle luci e delle palline i nomi di tutti i miei cari e di tutti i miei amici. Quelli vicini e quelli lontani. Quelli recenti e quelli passati. Coloro che vedo ogni giorno e quelli che incontro raramente, quelli che non vedo più, quelli ricordati sempre e quelli qualche volta dimenticati.

Chi mi ha offerto un sorriso. Chi mi ha fatto soffrire. Chi mi ha donato Gioia. Chi mi ha donato Speranza. Chi mi ha donato Forza e tanto coraggio. Chi conosco profondamente e chi conosco a malapena. Chi da poco è approdato nella mia vita. A chi devo tanto e a chi non devo nulla. Ai miei amici umili ed ai i miei amici importanti. I nomi di tutti quelli che sono passati nella mia vita sono appesi a quell’albero. È un albero con radici molto profonde. I loro nomi non potranno mai essere strappati dal mio cuore, ai quali auguro che questo Natale porti salute, speranza, amore, serenità e pace.

A tutti i lettori auguro di cuore ogni Bene e Buon Natale! Antonio CARCERANO Il Natale festa per eccellenza. Il Natale festa della famiglia. Il Natale festa di gioia e di pace. Oggi desidero volgere un piccolo pensiero alla mia famiglia di origine che queste tre dimensioni ha saputo sempre farmi apprezzare con estrema semplicità. Non avendo parenti prossimi nelle vicinanze (emigrati tutti nonni compresi), la festa era nostra in modo assoluto. Forse tutto questo a tanti è veramente mancato negli anni e il Natale è spesso diventato confusione, chiacchiere, distrazioni e consumismo.

Il Covid ci aiuti allora a recuperare un po’ di silenzio attorno e a ritrovare l’essenza di questa festa perché, credenti o meno, siamo dapprima persone chiamate a vivere secondo un progetto e nel rispetto di quanto di prezioso ci è stato affidato di custodire per noi e per gli altri. Sforziamoci allora di ri-nascere in questo Natale. Buon Felice Natale a tutti da Mare Calmo. Mare CALMO "Fratelli, è Natale!" Cominciava così  l'omelia della Messa di Natale dell'allora parroco di  Cristo Re, don Pasquale Gandolfo.

Era una frase prevedibile, in quanto ripetuta tutti gli anni. Noi del coro conoscevamo l'ormai celebre incipit e, prima ancora che venisse pronunciato, proclamavamo, ma a bassa voce, il fatidico "Fratelli, è Natale!". Eravamo un po' troppo orgogliosi di noi, del nostro sapere, delle nostre potenzialità oratorie e ci  sentivamo giustificati a burlarci di quel prete anziano e semplice. Non ho mai saputo se qualche volta fossero giunti alle sue orecchie i nostri  risolini. Lui continuava a guardare l'assemblea riunita per la Messa e con un sorriso immenso stampato nel volto e nello sguardo continuava a ripetere: "Fratelli, è Natale!”.

In quella frase c'era tutta la commozione legata ad un evento che si ripeteva ogni anno e quella formula significava: "Siamo qui, come ogni anno, felici di accoglierti, Gesù!" Oggi voglio ricordare quel momento e quella persona  che non è più tra noi, ma è vicina a Gesù e voglio farlo con la formula che lui amava tanto: "Don Pasquale, è Natale!"    "Ma questo lo sai già". Buon Natale a tutti voi! Josepha BILLARDELLO Questo per me è un Natale strano. Molto bello nonostante le premesse.

Molto bello perché non mi avete fatto sentire solo durante i giorni passati, molto bello perché non credevo che il vostro cuore fosse così grande e di questo vi chiedo scusa. Se già ero in forte debito con la vita per avere incontrato Valeria ed avere avuto figli e nipoti così meravigliosi oggi mi rendo conto che questo mio debito è diventato davvero inestinguibile avendo conosciuto pure voi. Adesso la chiudo qui altrimenti prosciugherete tutte le mie sostanze con le vostre richieste trimalcionesche.

Corrado SANSONE I miei ricordi di Natale mi portano in Calabria. I miei ci tenevano a ritornare dove erano nati, così spesso passavamo il periodo delle feste a Reggio Calabria. Il giorno della vigilia c’è la tradizione di mangiare le “crespelle”, un rustico che prevede la frittura per quasi tutta la giornata. Adoravo la parte che prevedeva di prendere la pasta, inserirci un pezzetto di acciuga e lasciarla cadere nell’olio bollente. Ogni crespella prendeva una forma particolare e imprevista.

Poi quando si gonfiava e si dorava era pronta. Io ne andavo matta!  Oggi sono diventate anche un cibo da aperitivo e da street food. Mia zia era brava anche a fare i dolci, in particolare i “petrali” a forma di mezzaluna con dentro frutta secca e altre bontà. e poi mi piacevano i torroni aromatizzati al limone, all’arancia e soprattutto al bergamotto! La sera, da mia nonna Saveria, arrivavano gli altri parenti e, per fare una tavolata unica, si prendeva una tavola lunga e larga, conservata scrupolosamente dietro una porta e spesso utilizzata come nascondiglio.

Aveva fatto parte sicuramente di qualche altro tavolo, finito chissà dove. E dopo cena, su quella tavola giocavamo a tombola coprendo le caselline coi pezzetti di buccia di mandarino. Con quella tavola ci stavamo tutti. Tutti insieme Saveria ALBANESE Alla fine è arrivato anche il Natale in questo anno difficile, faticoso, buio. Perché il Natale, come diceva una vecchia reclame, quando arriva arriva. Ma se nel tempo abbiamo spogliato il Natale del suo significato simbolico, desacralizzandolo e trasformandolo in un rituale consumistico o in un evento mondano, abbiamo adesso la possibilità, nella solitudine delle nostre case, di ritrovarne il senso profondo, insieme alla spinta alla solidarietà.

Questo Natale ci ricorda tuttavia quanto siamo fragili e soli, e che quello che ci rende umani e forti è l'amore della famiglia, il calore di un abbraccio, la convivialità, l'attenzione degli amici, il cibo da condividere, il dono come simbolo di affetto e attenzione. E cosi il pensiero vola verso i Natali più veri e genuini, quelli della mia infanzia e adolescenza, quando mia mamma e le mie zie cominciavano già diversi giorni prima a riunirsi per preparare le cassatelle, i “muccunetti”, i dolci di mandorla e i biscotti torciglioni, e l'occasione era già propizia per noi bambini per stare insieme, far festa, giocare a tombola.

Ricordo la famiglia numerosa, le grandi tavolate, la tavola degli adulti e quella dei bambini, e bastava già questo, esserci tutti, per essere felici. Il Natale più bello da adulta è il primo con mio figlio, il suo stupore all'arrivo di Babbo Natale quando era piccolo, la sua tristezza la sera del 25, quando la festa finiva e tutti andavano via. I bambini interiorizzano la sacralità di questa festa sin da piccolissimi. Rimane il pensiero che se il Natale è magia, è favola, solo un bambino può viverlo per davvero, e solo il nostro Io bambino può custodirne nel cuore il ricordo e il senso.

Catia CATANIA Il Natale è la festa più importante della cristianità e si celebra in tutto il mondo. Nell'epoca della globalizzazione mi piace ricordare come veniva festeggiato dal popolo catanese fino a circa quarant'anni fa. La manifestazione più caratteristica erano i "nannareddi" (ciechi) che con zufoli di canna accompagnavano le "cone", cioè altarini rappresentanti la Sacra Famiglia, "parati" con asparagi, cotone idrofilo e mandarini. Per un accompagnamento musicale più professionale, c'erano i "ciaramiddari", cioè zampognari provenienti dalla provincia che accorrevano in città per la Novena.

Naturalmente non mancava la preparazione dei piatti tipici: baccalà fritto, anguille in umido, schiacciate, e crespelle con acciuga o ricotta. Poiché al sacro spesso si accosta il profano, arte in cui Catania eccelle, non mancavano i giochi d'azzardo in piazza o in taverna, di cui il più diffuso è la famigerata “zicchinetta”, talmente pericoloso da aver dato luogo a risse e duelli rusticani entrati nella narrazione orale degli anziani. Francesca RUSSO Le prime note si sentivano già dalle scale: trombe e tromboni, piatti e clarinetti iniziavano a suonare per la novena.

La casa dei miei nonni era al piano terra e noi bambini aspettavamo con trepidazione di aprire l’uscio ai musicanti che avrebbero suonato davanti al presepe. Per nove giorni, ogni giorno alla stessa ora. Il presepe occupava una buona parte della stanza da pranzo, e si ergeva su un tavolo, sotto una cupola di rami intrecciati di aranci e di limoni, e  di rami di pini profumati. La stella cometa brillava ad intermittenza  e le lucine si riflettevano sul laghetto, reso azzurro dall’ “azolo”, un additivo per bucato che sciolto in acqua le dava un colore blu intenso e che ravvivava i panni bianchi stesi al sole, senza farli ingiallire.

I pastori sorridevano davanti alla grotta e, in un angolo, c’era sempre quello addormentato. Fino al 25, il Gesù Bambino era coperto da una soffice nuvola di bambagia. La nostalgia, rischia di far diventare più belle tutte le cose, e così anche qual presepe sapientemente costruito, nella mia memoria è segno di un tempo che, senza saperlo, era felice. Perché è così la consapevolezza della felicità, arriva quasi sempre un po’ in ritardo, come il corridore che indugia sulla riga di partenza e non si è accorto del via.

Di questa memoria, io ringrazio gli artefici, che sono in primo luogo, mio padre e mia madre. Questo facciamo quando viviamo: costruiamo memoria, per noi e per chi ci sta accanto. E dovremmo costruire tutti memorie di gioia. Ho provato a restituire un po’ di quella memoria  di gioia, ventinove anni fa. Era stato l’ultimo natale di mio padre in questo mondo, e lo avevamo trascorso in ospedale. Dopo due giorni  fu dimesso, ormai pronto per incontrare Dio. Lo precedetti di qualche ora e montai il presepe, non lesinando su nessun dettaglio.

Quando aprì la porta di casa, sorretto per i quei passi che fino a poco tempo fa erano stati veloci e sicuri, si fermò a guardare il presepe, con i miei stessi occhi  di bambina che attendeva i musicanti, che annunciavano la nascita del Bambino.  Ho visto un lampo di gioia, nei suoi occhi di cielo. Sia il nostro presente, la nostra memoria di gioia  di domani. Buon Natale di gioia. Maria LISMA Natale in Ancona A Natale c’è sempre qualcuno che rivolge un pensiero a coloro che sono costretti a passarlo da soli, o lontano dai propri cari; Natale è, infatti la festa familiare per eccellenza.

Questo non vuol dire che, per quanto triste sia questa festa, se passata in solitudine, la condizione generale di chi si trovi a vivere quest’esperienza sia identica, passando dall’estremo in cui versa il derelitto, costretto per strada, senza mezzi né appoggi, a chi vive il suo isolamento per scelta. Nell’accedere ad un bancomat protetto, l’altro giorno, in una città che non è la nostra, ho sentito un vero pugno nello stomaco vedendo che, nel vano che ospita lo sportello, nascosto alla vista dalla porta a vetri d’accesso, un giaciglio di cartoni e vecchie coperte, già pronto ad ospitare chissà quale disgraziato quella notte.

Verosimilmente lasciato all’alba, si trovava, verso mezzogiorno, ed in attesa della notte, in perfetto ordine e, per quanto possibile, pulito. Mi è sembrato di profanare una casa, una casa dove qualcuno passerà questa notte di vigilia. All’estremo opposto si colloca chi ha scelto di vivere da single, ossia come gli pare per 363 giorni all’anno salvo sopportare di passare da solo Natale e Pasqua, come ebbe a dire una volta Renzo Arbore: il vero problema è che, in quei giorni, in TV non fanno nulla di decente, solo trasmissioni a tema.

Nel mezzo, tutta una fetta di popolazione non altrettanto gaudente, ma nemmeno derelitta: trasfertisti, turnisti, viaggiatori, naviganti per mare e per aria. Sono molti di più di quanto non si pensi. Una condizione che ha toccato pure me, qualche volta. Una, in particolare, un anno che, trovandomi in Ancona, ove il servizio mi avrebbe trattenuto per Natale, avendo scelto il Capodanno per rientrare, mi imbattei in un nostro concittadino, anche lì per lavoro, un altro lavoro, ma anche lui impegnato a Natale per potersi liberare a Capodanno.

Non so se avete notato, noi mazaresi ci salutiamo volentieri, anche conoscendoci solo di vista, con calore direttamente proporzionale alla distanza da Mazara ove c’incontriamo. Anche in quel caso, lui sapeva chi ero ed io chi era lui, ma non ci eravamo mai frequentati. Ma subito dopo i saluti, al reciproco ‘e che farai qui a Natale?’ mi propose: “senti, io devo mangiare a bordo: nella cambusa c’è il ben di Dio, ma sono solo..sai, anche il motorista è mazarese, ma lui ha scelto di scendere per Natale…a parte questo mi farebbe enorme piacere se…” Non me lo feci ripetere due volte…ricorderò per sempre quel Natale, quando il tepore di una nave sostituì quello di casa, e quello del ricordo della nostra Mazara, dei nostri affetti ed amici, comuni e no, il calore di una famiglia… Grazie Vincenzo, tanti auguri a te e famiglia.

Ed a tutti voi. Danilo MARINO Il mio più bel ricordo del Natale, risale a molti anni fa. Non ricordo esattamente l’anno, ma certamente qualcuno di voi, si. Fu quell’anno in cui il Natale venne festeggiato, o per meglio dire, celebrato dall’intera città. Ricordo benissimo che i negozi iniziarono a fare mezz’orario sin dalla fine di novembre, niente corse agli acquisti, niente abiti eleganti, niente regalini, pochissimi addobbi per le strade. Tutta la città era impegnata a preparare la grande festa, vi ricordate? Nei palasport, nelle palestre delle scuole, nei saloni degli oratori, furono allestite delle mega tavolate dove, tutta l’intera comunità al completo, avrebbe celebrato il Natale insieme con una cena per la vigilia e un pranzo per il giorno.

Ognuno aveva il proprio compito, chi si occupava della logistica, chi degli addobbi, chi dell’organizzazione, chi della cucina, chi del servizio, chi del trasporto dei malati e degli indigenti, chi della musica ecc… Io avevo un furgone e, insieme ad altri amici, trasportavamo cibo, bevande, sedie, tavolini e alberi di natale da un capo all’altro della città, fu uno dei periodi più divertenti della mia vita. Tutti i cristiani, o quasi, si prepararono al Natale, con un lungo periodo di veglie, di silenzio e di preghiera, per meglio comprendere il mistero dell’incarnazione, mentre l’intera comunità si adoperava per la realizzazione della festa.

Alla fine, c’era tutta la città, proprio tutta! Bambini, medici, sacerdoti, politici, gente di ogni colore e nazione, senzatetto, malati, anziani, gente comune, professionisti, operai, gente di ogni confessione religiosa, non credenti, studenti, disoccupati ecc. Tutti, insieme, seduti l’uno accanto all’altro, case, ospizi e ospedali vuoti. Ricordate? Fu davvero una festa formidabile, e penso che quello spirito incarnasse perfettamente il senso del Natale. Il mio augurio? Poterlo rivivere ancora.

Paolo ASARO Un natale strano, sobrio - finalmente - e intimo. Non lo avremmo desiderato così, ma tant'è; lo prendiamo per come viene. Di necessità virtù. E che sia davvero, finalmente, un'occasione di riflessione, relax, autoanalisi e ricerca. Ricerca di noi stessi e dell'Altro, del nuovo e del vecchio, antiche risposte e nuove domande. L'importante, in ogni caso, è non perdere la speranza, la curiosità e la fiducia nel prossimo. Con questi tre elementi ben saldi, come terreno fertile sotto i nostri piedi, ogni cosa diventa possibile.

Un abbraccio digitale a tutte e tutti Ci vediamo nel 2021, Alessandro Isidoro RE