Ultime della sera: “Lettera dall’altra riva”

Redazione Prima Pagina Mazara

“ Qui dove sto io, la gente parla una lingua che non capisco. Ma non come quando si va in giro per il mondo con un vocabolario e si scoppia a ridere quando non ci si comprende  nulla! No, qui dove sto io, la gente parla una lingua che non capisco e che non posso capire: non ho il telefono, non ho il vocabolario, non ho niente. Ci sono alcuni miei compagni che quella lingua un po’ la capiscono e mi dicono che le parole che ascoltano, non raccontano nulla di buono. Qui dove sto io, non posso decidere cosa mangiare e neanche se mangiare.

No, non muoio di fame, ma non è come quando il cuoco di bordo ci prepara il pranzo e quello che mangio, non somiglia per niente a quello che prepara la mamma, o che prepara la nonna. Qui dove sto io, non posso decidere nulla. Tutte le cose che vorrei poter fare, non posso farle: una passeggiata, una doccia, una frittata, cambiarmi la camicia … non posso guardare la partita, non posso incontrare gli amici, non posso piantare semi o riparare reti. Qui dove sto io, non posso abbracciare te e la mamma.

E non posso farmi abbracciare dalla nonna: anche se si è fatta così piccola che mi arriva all’ombelico, fra le sue braccia nasco e rinasco ogni volta. Qui dove sono io, dicono che mi processeranno insieme ai miei compagni.  Inventeranno accuse e scuse, e faranno la voce grossa e  chiameranno giudici e testimoni. Qui dove sono io, ci processeranno  perché colpevoli di innocenza, colpevoli di essere andati per mare a pescare per mantenere con decoro e dignità le nostre famiglie, colpevoli di non essere protetti dalle motovedette della nostra marina, colpevoli di credere che non ci devono essere muri sul mare e colpevoli di rispettare comunque i trattati internazionali, colpevoli di saper convivere  a bordo con uomini di altre nazionalità e con i quali spezziamo pane e speranze, tutti figli dello stesso Dio, anche se le preghiere hanno parole diverse.

Ci processeranno perché siamo ottima merce di scambio . Qui dove sono io, i giorni passano lenti:  ci siamo imbarcati che ancora non era finita la vendemmia e già si raccolgono le olive. È vero, sono abituato a mancare da casa per diverse settimane, ma quella è libertà, mentre questa è prigionia. Qui dove sono io, e forse neanche so esattamente dove sono, fa ancora molto caldo ma non è una bella estate. Abbiamo l’autunno nel cuore e temiamo l’inverno. Qui dove sono io, si capisce come si sente chi è vittima di ingiustizia, chi è accusato falsamente, chi soffre per i soprusi e le prepotenze, chi subisce la legge del più forte, chi paga per le ragioni di chi non ha ragione.

Qui dove sono io, il mio corpo stanco è come una scatola vuota: il mio cuore e la mia mente sono altrove perché dove è il vostro tesoro, là è il vostro cuore. E il mio tesoro è a casa, il mio tesoro siete voi, voi siete la mia casa anche se trascorro giorni, mesi e anni sul mare. Qui dove sono io, arriva la vostra protesta, il vostro dolore, la vostra rabbia, il vostro amore. Anche se non possiamo sentirci, noi sentiamo, noi sappiamo. Perché noi, faremmo lo stesso per difendervi se ci foste voi qui, al nostro posto.

Possa il Dio di tutte le genti, toccare il cuore di pietra di chi tiene le chiavi della nostra libertà. Lasciateci tornare. Siamo forti  e coraggiosi, siamo capaci di affrontare tempeste e mareggiate che ci inghiottono, ma siamo uomini. Tutti. E dunque, figlia mia, non disperare. Ogni mare ha un’altra riva e io arriverò.”   Maria Lisma