Ultime della sera: “Le Storie, la Storia”

Redazione Prima Pagina Mazara

Chissà se ci saranno pagine di carta su cui si scriverà la storia di questo tempo complesso e confuso, chissà se ci saranno libri da sfogliare sugli scaffali delle biblioteche già adesso quasi deserte. E soprattutto, chissà chi la scriverà questa storia, se ci sarà un po’ di spazio per il racconto dei vinti o se, ancora una volta, sarà tutto narrato dalla bocca dei vincitori.

E chissà se io sarò in grado di trovare una storia da raccontare a questa bambina che mi guarda con gli occhi sgranati e un graffio sul naso, ultima carezza di un gatto spaventato più di lei. Le gambe ciondolanti, i piedi dentro sandali più grandi, non arrivano a toccare il pavimento. Un cerchietto rosa con le orecchie da coniglio, trattiene a stento dei riccioli arruffati. Le mani paffute con le unghie viola sbeccate, impegnate a sistemare le bretelline di una canottiera di “me contro te”.

Che storia racconto a lei che non è nata regina, principessa, ne’ dama di compagnia, a lei che non si chiama Elisabetta e non ha scelto da chi e dove nascere.

Come racconto a lei che per corona ha un cerchietto con le orecchie da coniglio, che dovrà trasferirsi dalla sua pur modesta dimora di sempre ad una nuova residenza, insieme ad altri bambini, pure loro senza blasone, per “gravi ragioni di Stato”, di stato di abbandono, abuso, maltrattamento e grave trascuratezza.

96 colpi di cannone in tutto il regno per salutare la Regina, molti di meno di quelli che hanno spaventato la mia bambina nella sua breve vita. Bandiere a mezz’asta in segno di dolore in gran parte del mondo per la regina, bastoni sulla strada della mia bambina, a farla inciampare ad ogni passo: sgambetti degli adulti, infedeli guardie del corpo, infami predatori della sua anima, traditori della sua innocenza.

Facciamo un gioco, Maestà. Facciamo che tu eri una regina, la più importante del mondo, la più potente. Facciamo che tu avevi soldati, cavalli, palazzi, gioielli, carrozze, e facciamo che io ero la fata madrina, che tutte le regine, e non solo le principesse, ce l’hanno. “mia regina, chiedetemi di esaudire un vostro desiderio, e io vi accontenterò!” ma lei già da qualche minuto è altrove. “che cosa è un desiderio?” . Che ingenua sono stata! Al massimo conosce i bisogni e non i desideri! Quelli sono un lusso, quelli non li può neanche nominare. E forse la sua storia dovrei raccontarla, poiché non è meno degna di altre di essere ascoltata.

E c’è una storia che ho raccontato ad un uomo che stava morendo: era la storia della sua vita, ancora troppo breve. Niente palazzi, né eserciti, ne’ corone e bandiere. Solo la coscienza di avere fatto quello che poteva per se stesso, per le sue passioni e per le persone che amava. Il pudore di un corpo stanco, lo sguardo chiaro e aperto di chi è stato sorpreso troppo presto dalla fine. L’incontro con l’ultimo capitolo, quello della gratitudine che pure teme il passaggio verso l’ignoto.

E c’è una storia che ho ascoltato seduta sulla riva, e parla di mare e di solitudine, di sole e di sale e di pochi soldi da spedire lontano, in un posto dove nascere è una gioia che dura fino all’idea di fuggire, di scappare da un colpo di fucile o dalla lama di un macete.

E quella storia bella di quell’amore cresciuto insieme e mai invecchiato, fra dita nodose intrecciate e occhi lavati di rughe e di sogni, e passi incerti su scarpe larghe. E se uno parte, l’altra lo segue, che da soli non hanno fatto mai niente.

E ancora c’è una storia che passa, quella sì, attraverso un ultimo desiderio: “voglio una raviola”, le ultime ore di vita di una donna battagliera e sincera. Corro a comprarla, gliela offro, è ancora calda. Osservo l’uomo che la pasce: avrebbe finito il turno, si ferma a compiere quest’atto di compassione, verso una donna che potrebbe esserle madre e che non sa nemmeno pronunciare il suo nome. Essere l’ultimo volto che si incontra, essere l’ultimo sguardo , l’ultima carezza.

Queste storie, non entreranno mai a far parte della Storia. Troppo piccole, banali, anonime. Ma ciascuna racconta la tappa di un viaggio che riguarda l’intera umanità, che soffre, spera, ama, si arrende e lotta.

E quante storie in quella guerra a cui ci siamo abituati e di cui ci ricordiamo solo per il costo del gas, e quante altre in Afghanistan, sotto i burqa di una ingiusta privazione di dignità o in Siria, terra dimenticata, o in Africa, dietro il trafiletto dedicato distrattamente all’ennesima suora missionaria ammazzata...quante storie che nessuno mai conoscerà.

God save the queen and the king, ma Dio salvi tutti gli eredi al trono della custodia di una umanità impazzita, a se stessa straniera e ostile, che si dimena come falena intorno alla fiamma del potere e della vanità, che professa il bene e invece è asservita al male .

Ho bauli pieni di storie da raccontare: non faranno la Storia, ma sono pagine, paragrafi, righe di quella“ storia che siamo noi, nessuno si senta escluso” e da cui dovremmo imparare la lezione che nessuno vuole più ascoltare.

Ci sono fiori ad onorare la regina, ci siano opere ad onorare l’umanità.

di Maria LISMA

La rubrica Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna.

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