Ultime della sera: “Insegnami a volare”
C’è un luogo che si chiama fantasia, e c’è una pianta che si chiama creatività. Li ho trovati in uno splendido “Teatro di Paglia”. Niente palchi reali o posti d’onore, perché tutti gli inviati sono re e degni d’onore. I sedili imbottiti di stoppie, qualche stuoia a terra, dove si è più vicini al sogno. Bambini entusiasti e stupiti , genitori presenti e attenti, qualche nonno qua e là, e gli educatori per i bimbi senza nonni e senza genitori. Non è richiesto l’abito lungo e neanche il frak, niente papillon e acconciatura. E non si paga il biglietto! Solo poche regole, durante lo spettacolo: occhi aperti, orecchie aperte, bocche chiuse e cellulari spenti.
E allora, è possibile partire per un viaggio sempre nuovo e affascinante. La meraviglia si stampa sui volti dei presenti, che alternano risate e stupore, curiosità e incanto. E poi ,per tutti, applausi a scena aperta, sì, perché il teatro di paglia, non ha neanche un sipario, lo scenario è un grande albero che ha per frutti le lampadine accese all’imbrunire . La musica si diffonde per mano di tecnici che si confondono con il pubblico.
E il teatro nel teatro, si chiama “Giardino dell’Emiro”, nel Parco di Miragliano, luogo prezioso che viene restituito alla tradizione, alla cura e all’amore dei cittadini.
E dietro un’ora di spettacolo, c’è un lungo lavoro, non solo degli artisti, tutti bravi e generosi, ma dell’organizzazione, che mobilita risorse, forze dell’ordine, volontariato e gratuità, in un momento storico che richiede coraggio e attenzione.
Ma soprattutto, c’è una visione che pone i bambini al centro di un pensiero che non li vuole solo consumatori, ma protagonisti di un percorso di crescita in armonia, fatto di sperimentazione, di cura , di aperture a nuove possibilità.
I bambini “mangiano” ciò che noi diamo loro da mangiare e frugano anche nella spazzatura se questa resta l’unica fonte di nutrimento per loro. Se gli offriamo solo pessima televisione, o video giochi solitari, o realtà virtuali, o stanze piene di cose e vuote d’amore, di questo si alimenteranno . Se diamo loro giochi veri, storie fantastiche , narrazioni affabulanti, se offriamo la possibilità del volo, della scoperta, della meraviglia, questo apprenderanno. Si apriranno a questo mondo ,attiveranno le loro risorse e le loro potenzialità, condividendo con il vicino una balla di paglia, sotto l’occhio vigile dei genitori che per un’ora lasciano le preoccupazioni da un’altra parte e tornano anch’essi bambini.
Dietro l’esperienza del teatro di paglia c’è una cooperativa , Solidarietaeazione, che lavora con i minori e le famiglie e che pone come condizione fondamentale, la formazione permanente dei propri operatori e c’è un progetto nazionale, “E se diventi farfalla” che propone sfide per contrastare le povertà educative attraverso la creatività. E c’è anche una amministrazione comunale che ci crede e offre il gratuito patrocinio .
Ecco, questo va fatto. Tornare ad esperienze condivise, che arricchiscono in modo trans generazionale e confluiscono nella costruzione di una cultura della bellezza e della accoglienza , della condivisione, del sogno che diventa progetto, e che diventa realtà.
Dal mio sedile di paglia, ho assistito allo spettacolo che aveva, nei bambini davanti e accanto a me, altri splendidi protagonisti. Dei bambini tunisini, interagivano con i mazaresi, che a loro volta interagivano con qualcuno dei paesi vicini ( da noi , si sa, bastano pochi chilometri per cambiare inflessione dialettale) e con qualche bimbo settentrionale arrivato in vacanza. Gli occhi sgranati, la voglia di partecipare, la pipì che scappa e allora bisogna scappare, il panino a morsi ( chè per noi i figli devono sempre mangiare..), le foto con gli attori, le domande impertinenti, le scelte della vita ( “ da grande io faccio l’acrobata che già faccio la capriola senza mani!”). E pensavo a quanti bimbi nello stesso momento, forse addirittura ancora sui seggioloni, stavano smanettando con un cellulare, imparando a pigiare sui tasti e non a riconoscere le proprie emozioni.
Certo, non è facile. Quello che può sembrare banale, richiede lavoro, impegno , costanza. Ma è su questo che si deve investire, perchè la fantasia, la conoscenza attraverso l’esperienza, la libertà di fare , di condividere, di rispettare, di vivere il contatto con la natura , di sbucciarsi le ginocchia e di rialzarsi, dovrebbero essere garantiti a tutti, come il diritto alla gioia.
Anche a quei bambini ( quanti ancora?), che hanno cercato in mare la libertà e hanno trovato la morte.
Ripensiamolo questo mondo, prima che sia troppo tardi. E per ripensarlo, partiamo da qui, dal posto in cui ciascuno di noi si trova, con gli strumenti che ha.
Si spengono le luci sul teatro di paglia e si accendono ancora su una vita che spesso è avara di applausi eppure pretende inchini. A noi il compito di riscrivere il copione con un altro splendido finale.
di Maria LISMA
La rubrica “Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna.
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