Ultime della sera: Essere uno stalker
“Esiste una zona dove molti anni fa qualcosa di misterioso, forse una meteorite, ha distrutto le case degli uomini. Le autorità hanno recintato questo luogo con il filo spinato e la polizia spara a vista su chiunque tenti di penetrarvi. Qualcuno è convinto che nella Zona esiste una stanza che ha il magico potere di realizzare i desideri. Sarà questo il luogo verso il quale Stalker, insieme ad uno Scrittore e uno Scienziato, intraprenderà un viaggio rischioso, tra residui bellici, piante velenose e putridi acquitrini.
Ma una volta raggiunta una stamberga fatiscente nessuno dei tre protagonisti si azzarda ad entrare nella Stanza, se lo facessero darebbero la possibilità all’umanità di realizzare le proprie aspirazioni più segrete, prima tra tutte il funesto desiderio di dominio.” STALKER è un film di Andreij Tarkovskij prodotto in Unione Sovietica nel 1979 tratto dal racconto: “Pic-nic sul ciglio della strada” di Arkadij e Boris Strugatskij. Lo Stalker di Tarkovskij non ha nulla a che vedere con l’attuale e comune significato e con i reati ad esso collegati.
Per il mondo in cui vive, egli è un reietto, un emarginato, un pregiudicato, una persona da evitare. Forse è un alieno o un mutante, una vita rovinata da forze misteriose e incontrollabili. Essere uno Stalker, significa essere solo. In realtà, egli è semplicemente un uomo che conosce molto bene la misteriosa Zona, la frequenta assiduamente e sa come muoversi in essa. A lui sono noti segreti e pericoli, conosce le vie più sicure per penetrarvi e gli stratagemmi per eludere i posti di blocco.
Lì, vi conduce ogni sorta di persona disposta a pagare e ad affrontare i rischi di una simile avventura mossa dalla curiosità e dalla voglia di sapere se davvero esiste una Stanza dei desideri. E tuttavia, non lo fa per danaro, lo Stalker ha un rapporto particolare con la Zona, ne ha rispetto e al contempo paura. Ci va perché non può farne a meno, è l’unico luogo dove si sente al suo posto, il mondo dove gli altri si trovano tanto bene, è per lui una prigione insopportabile. Rimane un mistero quanto accade all’interno della Zona e se davvero i desideri di un uomo, possano essere miracolosamente realizzati una volta varcata la soglia della famigerata Stanza.
Esiste una specie di regola non scritta che vieta ad uno Stalker di entrare. Uno di loro, detto “il porcospino”, una volta vi entrò e, una settimana dopo essere tornato a casa, inspiegabilmente, si tolse la vita impiccandosi. Egli era entrato nella Stanza per chiedere la grazia per il fratello morto ma, una volta tornato, invece di ritrovare il fratello vivo, scoprì di essere diventato ricco, spaventosamente ricco. La Stanza non esaudisce i desideri superficiali, ma quelli più profondi, più nascosti, di cui non siamo consapevoli.
Così si rese conto che il suo desiderio di diventare ricco, era più grande e più forte rispetto al desiderio di salvare il fratello. La zona è una straordinaria metafora di un mondo interiore, spirituale, soprannaturale, privo di orpelli e di inutili beni materiali e, al contempo, denso di misteri, di magia e di una bellezza primordiale, essenziale. Lo Stalker è il solo che ci può condurre in questa dimensione perché ne è pratico, così come un artista ci conduce nel mondo visionario delle sue opere, della sua musica, della sua poesia.
È un uomo di fede, in un mondo che non crede più a nulla, che ci indica la via (o forse ci offre una possibilità) per essere felici, autenticamente felici. Eppure, agli occhi dell’uomo “concreto”, chi pratica questi mondi appare una persona strana, un emarginato, un diverso, uno da evitare, un’esistenza mutilata e segnata dal bisogno di frequentare il “suo Mondo”. Uno Stalker ha l’aspetto del mutante poiché possiede qualcosa al di fuori dal comune, qualità non umane. Chiunque, nel pirandelliano teatro dell’apparenza, si sente “migliore di lui” forte della confortevole e rassicurante appartenenza alla categoria dei “normali”.
Egli viene deriso, disprezzato e compatito al cospetto della sua fallimentare esistenza. Ma, per dirla come De André, quella che di giorno chiami con disprezzo “pubblica moglie” è la stessa che di notte stabilisce il prezzo alle tue voglie. E così capita che ci sia sempre qualcuno disposto a pagare o a rivolgersi allo “Stalker” affinché lo conduca in quel mondo dove tutto è possibile. L’esperienza mistica o estetica, è un viaggio straordinario e avventuroso, che ci pone tutti come di fronte ad uno specchio.
Ci può far paura o renderci felici ma, nell’arco di quel viaggio, ha il potere di aprire finestre luminose sul grigio e ingannevole muro della quotidiana materialità. Alcune cose, nella nostra vita, hanno questo potere e noi aneliamo ad esse senza esserne consapevoli. Coloro che accompagnano lo Stalker, non perdono occasione per sputare sentenze e per dare la loro risolutiva e definitiva lettura del mondo, ognuno dal proprio punto di vista, ovviamente. Altrettanto naturalmente, non perdono occasione per mostrare il loro malcelato disprezzo nei confronti della loro guida, anche qui, fuori da quel mondo dove loro sono gli uomini di successo e lui un reietto, qui dove lui è un maestro e loro gli alieni.
Il desiderio di prevaricazione e di dominio di ognuno non si ferma davanti a nulla, può solo, più o meno abilmente, essere mascherato. Per alcuni, è intollerabile l’idea che vi possa essere, a questo mondo, qualcosa di imponderabile, di inspiegabile. Per altri, non è possibile lasciare in balìa di chiunque, il potere di realizzare i propri desideri. Per uno Stalker, la Zona è tutta la sua vita, tutto ciò che possiede. Non chiede nulla per sé, desidera solo poter frequentare quel posto pieno di pace e di vivificante energia, la sua distruzione sarebbe un abominio.
Essere uno Stalker significa vivere da infiltrato nel mondo, vivere da clandestino una vita che non si comprende e alla quale non ci si può adeguare. Eppure possiede delle qualità straordinarie, una sensibilità fuori dal comune, la capacità di addentrarsi in territori ad altri preclusi, uno sguardo d’aquila che vola oltre le miopie del mondo. Non gli interessa soddisfare piccole gioie quanto essere parte di questo miracolo. Se la Zona dove egli è in grado di condurre, costituisce per gli altri un mezzo per arrivare alla felicità, per lui è la zona stessa, motivo di felicità.
Una felicità amara, che non toglie paure e sofferenze, ma che lo tiene in contatto con la sua più profonda essenza. Ho sempre trovato questa storia, una lucente metafora dell’arte. Cos’è un artista se non uno Stalker? Un frequentatore della Zona. Colui che ci conduce attraverso vie impervie, all’interno del mondo delle sue opere. Là dove si realizzano i desideri, dove tutto è possibile. La sua unica felicità è anche la sua condanna: praticare il mondo dell’arte. La gente cerca in un’opera, qualcosa di nascosto, oppure si accontenta della superficie.
Un artista vive per la realizzazione dell’opera in sé. La gioia di un musicista è suonare, per un pittore è dipingere, null’altro conta se non l’essere partecipe di questo luogo magico. Paolo ASARO