“Teatro, amore mio”. “Il Malato immaginario” di Molière

Redazione Prima Pagina Mazara

Il 15 gennaio scorso sono scoccati i 400 anni dalla nascita di Molière, grande drammaturgo francese, figlio di tappezzieri nato col nome di Jean-Baptiste Poquelin nel 1622, autore del “Il Malato immaginario”. Argante, il protagonista, è consapevole che vivere è essere malati. Ecco allora che nella nostra epoca molto medicalizzata, le satiriche frustate di Molière verso questo stolto riccone borghese appaiono in una luce diversa, ambigua e stridente: d’altronde qui siamo di fronte a un uomo talmente ossessionato dai medici da volere far sposare la figlia a uno di loro solo per assicurarsi le cure future; i dottori che lo seguono d’altro canto lo sfruttano tenendolo per i cordoni della borsa e poi c’è tutta una diatriba interna tra le vecchie e le nuove teorie; insomma una relazione quella tra paziente e medico, tra società e medicina, tutt’altro che sana, anzi nevrotica come solo oggi forse lo è o potrebbe essere.

Ma veniamo ad Argante, un uomo tremendamente solo, eternamente disperato. Impaurito dalla vita e da se stesso, si rifugia nella malattia. Così Argante, malato immaginario, non ne vuol proprio sapere di stare benone, come d'altronde la schiera di medici e speziali che orbita intorno a lui non ha alcun interesse a guarirlo. Siamo dentro ad un gioco delle parti dove ognuno offre quello di cui necessita l'altro. Ma essere vivo senza poter esistere crea ansia e senso d' inutilità. Meglio, quindi, dimenticarsi di se stessi diluendosi in una somministrazione di gocce, clisteri e purghe.

Il vitale bisogno di rassicurazione di Argante lo conduce ad imporre alla figlia maggiore Angelica il matrimonio con Tommasino Diaforetico, personaggio goffo, ridicolo, nipote del farmacista dottor Purgone ma, soprattutto, anche lui... medico! L'occasione irripetibile di garantirsi un costante e ravvicinato responso "clinico" è troppo ghiotta per non perseguirla fino all'ossessione! Poco importa se Angelica è innamorata di Cleante e non ne vuol proprio sapere di sposare quel personaggio senza identità mentale: la necessità paterna è prioritaria rispetto ai voleri della figlia.

E poi non è il caso di discuterne: “non lo vedete come sta male il povero signor Argante? “ A nulla valgono gli espedienti dei due innamorati per distogliere dal suo egoismo il nostro malato, sempre in guerra con il mondo e dal mondo soggiogato, come la sua seconda moglie Bellania, apparentemente dedita a lui ma bramante solo dei suoi denari e per questo già in accordo con il notaio Bonafede per ottenere vantaggi per entrambi. Per Argante è difficile accettare il vero volto della realtà ed ammettere l'inefficacia della sua infermità come strumento per attirare attenzioni e dimenticarsi la sua solitudine.

Non c'è compatimento verso di lui.La commedia si conclude con la promessa delle giuste nozze tra Angelica e Cleante e una buffonesca investitura di Argante stesso a medico. (Una scena de “Il malato immaginario”, film del 1979, di Tonino Cervi, con Alberto Sordi nel ruolo di Don Argante e Laura Antonelli nel ruolo di Tonina).

Il pomeriggio del 17 febbraio 1673 Molière andò in scena a Parigi con il suo malato immaginario. Egli stesso interpretava la parte di Argante. Molière era veramente malato e arrivò alla fine della rappresentazione in preda alle convulsioni, che il pubblico credette previste dal copione. Qualche ora più tardi, morì.

Salvatore Giacalone