Premio Progetto da Pantelleria a Riccardo Muti, preciso artigiano della musica
Verrà assegnato stasera il Premio Progetto da Pantelleria, giunto quest’anno alla 18esima edizione. L’evento è organizzato dalla testata giornalistica Pantelleria Internet-News dall’Isola (direttore Salvatore Gabriele) con la collaborazione del locale Rotary Club e del Comune e sponsorizzato da Caffè Morettino e Fineco Bank. Ad essere premiato quest’anno è Riccardo Muti. Vengono parallelamente assegnati il Premio Speciale a Sonia Anelli, direttrice dell’Ente Parco Nazionale Isola di Pantelleria, il Premio al Pantesco Denny Almanza, apicoltore, e il Premio su segnalazione del Rotary Club a Massimo Chiarot, medico attualmente responsabile dell’Unità di Chirurgia Generale dell’Ospedale Bernardo Nagar di Pantelleria. Tanti i personaggi insigniti di questo premio negli anni, ai quali viene riconosciuto il merito di avere portato nel mondo il nome di Pantelleria.
Da Fabio Capello, primo a essere premiato nel 2007, a Sebastiano Tusa (2008), Filippo Panseca (2010), Stefano D’Orazio (2013), Amedeo di Savoia (2015), Maurizio Cattani (2023). Quest’anno il premio viene assegnato a Riccardo Muti, uno dei direttori d’orchestra più importanti al mondo. 83 anni compiuti lo scorso 28 luglio, 57 dedicati totalmente alla musica. “Ho studiato violino e pianoforte, poi composizione con il grande maestro Bettinelli, ho seguito i corsi del famoso e provvido maestro Votto, prendendo a poco a poco in mano l’orchestra.
Pensavo dall’inizio e penso ancora, come dico spesso agli strumentisti, che il direttore deve essere un preciso artigiano; e se poi c’è dentro l’artista, verrà fuori”. È questa una perfetta sintesi dell’essenza artistica del grande direttore che, a soli 26 anni, vince il prestigioso Premio Cantelli e l’anno successivo (era il 1968) diviene direttore d’orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, ruolo che mantiene fino al 1980. Una lunga carriera costruita con lavoro e dedizione in un crescendo di incarichi che lo vedono cavalcare l’onda del successo nelle più prestigiose rassegne musicali del mondo. Nel 1971 debutta con il Don Pasquale al Festival di Salisburgo invitato dall’immenso Herbert von Karajan.
Cosa che continuerà a fare fino al 2020, quando festeggia i cinquant’anni di sodalizio con la manifestazione austriaca (che non dirige solo una volta, nel 1978, per un impegno altrove). Negli anni Settanta è alla testa della London Philharmonic Orchestra (1972-1982), dove succede a Otto Klemperer. Tra il 1980 e il 1992 eredita l’incarico di direttore musicale della Philadelphia Orchestra direttamente da Eugene Ormandy. Dal 1986 al 2005 è direttore musicale del Teatro alla Scala. Durante la sua straordinaria carriera Riccardo Muti dirige molte tra le più prestigiose orchestre del mondo: la Berliner Philharmoniker, la New York Philharmonic, l’Orchestre National de France, la Philharmonia di Londra, per ricordarne alcune.
Con la Wiener Philharmoniker (la Filarmonica di Vienna, una delle più prestigiose orchestre filarmoniche al mondo) si esibisce al Festival di Salisburgo dal 1971. In occasione del concerto celebrativo dei 150 anni di questa grande orchestra, Muti riceve l’Anello d’Oro, onorificenza concessa dai Wiener in segno di speciale ammirazione e affetto. Nell’agosto 2018 riceve il Doppio Disco di Platino per la registrazione di uno dei suoi concerti con la stessa orchestra viennese al Festival di Salisburgo.
Il 7 maggio 2024, a Vienna, dirige con la stessa orchestra la IX Sinfonia di Beethoven nel giorno del duecentesimo anniversario dalla sua prima esecuzione. Un uomo della vecchia scuola europea. Quella che rischia di pensare troppo. Quella che si domanda il significato di ogni nota. Di ogni frase. Di ogni pausa. Un direttore che a ogni misterioso inizio ammette di non riuscire “a non sentire il battito cominciato milioni di anni fa nell’universo, la pulsazione cosmica che proprio in quel momento comincia a farsi sentire fisicamente da noi, come una rivelazione”. Ma anche un uomo attento alle vicende umane, che cerca di sensibilizzare verso la sofferenza vissuta dai migranti nel Mediterraneo.
Ai quali ha dedicato uno dei suoi ultimi concerti, “Le vie dell’Amicizia”, a Lampedusa il 9 luglio scorso. Occasione nella quale ha voluto ringraziare gli abitanti di quest’isola remota per la loro generosità. Abitanti “che si sono assunti il peso dell’ospitalità dei migranti con estrema generosità, al contrario di altri paesi europei che hanno voltato le spalle”. Un concerto suonato con strumenti (violini, viole, violoncelli e un contrabasso) realizzati con quei legni dei barconi “che hanno trasportato uomini, donne, bambini che a volte hanno trovato la salvezza, a volte la morte”.
Legni di morte trasformati in legni di poesia. “Hanno un suono dolce, quasi barocco. Rappresentano un insieme di drammatiche, spesso tragiche vicende umane, con cui noi cerchiamo di trovare una strada per passare dall’orrore all’amore”. Giuliana Raffaelli