Mazara, riflessione a conclusione dell'anno 2025 di don Giuseppe Alcamo

Redazione Prima Pagina Mazara

Riceviamo e pubblichiamo la seguente nota: Miei cari, si conclude il primo Giubileo ordinario del XXI secolo, iniziato nella notte di Natale 2024 da Papa Francesco con l’apertura della Porta Santa, il cui motto è stato “Pellegrini di speranza”. Ci è stato presentato come l’anno di grazia del Signore per la riconciliazione personale, familiare, sociale e per la pace fra tutte le nazioni. Un “sogno ecclesiale” per tutta l’umanità, da desiderare ed alimentare con la preghiera e la corresponsabilità.

Il giubileo è per sua natura un tempo di riposo ma anche di verifica, di cambio di passo, di focalizzazione dell’obiettivo. Per tutto l’anno tre parole ci hanno fatto da guida: giubileo, pellegrini, speranza. Attraverso questo trittico siamo stati invitati a cercare di mettere ordine nella nostra vita per un futuro più sereno ed umano, più santo. Prima di archiviarlo ed accogliere il nuovo anno, vorrei proporvi di fare una forma di esame di coscienza, per verificare se abbiamo acquisito una rinnovata consapevolezza di fede, se abbiamo coltivato lo spirito di riconciliazione e di giustizia, se abbiamo maturato una maggiore capacità di annuncio evangelico.

I Padri nella fede, nell’accompagnare un discepolo che desiderava imitare Cristo, ponevano l’esame di coscienza come un metodo necessario per guardarsi dentro ed eliminare rughe o deformazioni. Adesso, che siamo a conclusione di questo anno giubilare, non è fuori luogo guardarsi dentro e chiedersi: in cosa consiste per me la santità di questo anno? Che cosa mi rimane? Che cosa mi porto dentro? Quale incidenza avrà per il mio futuro? Per il mio servizio ecclesiale? Per la mia presenza dentro la società? L’attributo “Santo” la Scrittura l’attribuisce sostanzialmente a Dio; poi, viene esteso a tutto quello che fa riferimento diretto o indiretto a Dio.

Possiamo dire che l’aggettivo “Santo” è molto impegnativo, perché indica il mistero di Dio e nello stesso tempo indica tutto ciò che mette in relazione con il mistero di Dio. Non possiamo, quindi, a cuor leggero, dire anno “Santo”, perché è una forma di professione di fede in Dio. La santità di questo anno non può essere data solo dalla circostanza di indicare che sono passati 25 anni dall’inizio del secondo millennio dopo Cristo; nemmeno, può essere data solo dai particolari riti religiosi che abbiamo compiuto.

Tutti sappiamo che le date sono approssimative e molto spesso solo simboliche; e, dalla vita vissuta sappiamo, anche, che non sempre i riti e i culti riescono a metterci realmente in relazione con il mistero di Dio. Può succedere, infatti, di compiere un rito senza celebrare con fede o di dire le preghiere senza pregare, perché non pronunciate da un cuore che ama. Continuando a riflettere sul significato del termine “Santo”, dobbiamo, innanzitutto, affermare che tutto il tempo è santo, perché abitato da Dio e perché orientato verso Dio, nonostante il male, personale e comunitario, che è sotto gli occhi di tutti.

Il tempo e la storia hanno un centro ed un fine, che è Cristo. Dio non è fuori dal nostro tempo, ma lo abita e lo rende santo con la sua presenza e la sua azione. Quindi, in questa prospettiva ogni anno è santo, ogni giorno è santo! Questo 2025 lo abbiamo denominato esplicitamente “Santo” proprio per ricordarci vicendevolmente quanto segue: Dio è con noi, vive dentro la nostra storia, condivide la nostra vita e ci offre il suo aiuto per rendere accessibile la sua santità. La memoria dell’incarnazione di Dio e la sua vicenda storica di amore gratuito e generante ci permettono di denominare questo anno “Santo”, come un anno in cui siamo stati invitati a rimodulare la nostra scala dei valori, liberarci di tutto ciò che ci appesantisce o ci sfigura, ricostruire le relazioni spezzate, restituire significato e dignità ad ogni cosa.

Questo anno è stato quindi “Santo” per ciascuno di noi, se abbiamo iniziato questo processo esistenziale di purificazione e di riappropriazione, se abbiamo ritrovato la nostra identità perduta, se abbiamo curato l’umanità ferita, se abbiamo ricostruito le relazioni infrante e se abbiamo sostenuto qualcuno nell’alimentare la speranza viva. Questo anno lo abbiamo qualificato come “Santo” per ricordarci che il tempo che abbiamo da vivere deve essere vissuto nell’amore e che la vita di ogni uomo, come il tempo che stiamo vivendo, è orientata verso Dio e va incontro a Dio, il santo, che santifica tutto e tutti.

La santità di Dio è dentro la storia e si rende visibile attraverso le scelte di bontà e di amore che gli uomini compiono. Non possiamo dimenticare che il cristianesimo, sin dalla sua origine, si è imposto con la forza del perdono e dell’amore. Il primo testimone della fede, Santo Stefano, come Gesù, dice a Dio, per coloro che lo martirizzavano: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno… non imputare loro questo peccato”. La forza del perdono disarmato sconfigge la violenza armata e incattivita.

Questa è la strada di santità che la Chiesa ancora oggi propone ai suoi figli. È una santità incarnata e storicizzata, che apre al futuro e accompagna con speranza al superamento di ogni fragilità umana. Potremmo dire: Dio ci permette già ora di entrare dentro la sua vita e di assaporare la squisitezza della sua santità, perché fatta di amore vero. Allora, chiudiamo un anno che abbiamo denominato “Santo”, dopo aver rinnovato la nostra consapevolezza che tutto il tempo che il Signore ci dona per vivere deve essere vissuto nell’amore concreto e storico, nel perdono reciproco e nel rispetto di tutto e di tutti.

Il nuovo anno che sta per aprirsi è, quindi, anch’esso “Santo”, perché Dio lo rende santo non solo con la sua presenza, ma anche con tutto il bene che noi, sostenuti dal suo amore, desideriamo compiere. Coltivare questo desiderio di amore è l’impegno che come cristiani dobbiamo assumere. L’auguro più grande che possiamo reciprocamente farci è quello di rendere santo questo nuovo anno, con la nostra vita santa. Affettuosi auguri a tutti