Mazara, "mala Pasqua a Capo Feto..."
Riceviam e pubblichiamo la seguente nota:
Se è vero, come è vero, che marzo portava grandi stormi di marzaiole all’irrompere della primavera, aprile era il mese cruciale della cosiddetta “risalita” agli areali di nidificazione (dall’Africa al nord Europa) degli uccelli migratori della Regione paleartica occidentale. In aprile, in Sicilia sud-occidentale, lungo il litorale compreso tra Capo Boeo e Capo San Marco era spettacolare, fino all’inizio degli anni ’70, assistere al transito (ed anche alle soste) di stormi, disposti a ventaglio di Ardeidi (aironi) od anche a V di Treschiornitidi (spatole, mignattai) od anche a sciame del Columbide, tortora europea o dell’Apodide, rondone o del Coracide, gruccione.
La trasformazione territoriale dell’ambito costiero compreso tra i due Capi summenzionati, avvenuta senza criterio, fuori dai controlli, ha reso sempre più raro l’avvistamento dei voli degli uccelli migratori. Rarità accresciuta anche quando si è provveduto a proteggere le residue “zone umide” e gli ultimi biotopi, compresi tra l’ex Torre di Sibiliana di Marsala e la plaga selinuntina. Protezione accordata, ad oggi, essenzialmente sulla carta, a differenza della protezione reale dei beni culturali.
Le nostre riserve naturali e i siti della Rete Ecologica Natura 2000, siano essi ZSC o ZPS, continuano a versare, infatti, in grave stato di degrado che, così continuando, potrebbe portare all’ulteriore depauperamento di ciò che rimane del nostro patrimonio naturale. A rischiare più di tutte le altre aree naturali, data l’impressionante pressione antropica, lasciata correre, probabilmente in vista di illusori risvolti economici, legati al turismo balneare, è Capo Feto, ultima vera palude costiera rimasta in Sicilia sud-occidentale, area super protetta, le manca solo il vincolo di riserva naturale.
Nel mese di aprile del 1977 a neanche un mese dal Decreto istitutivo dell’”Oasi di Protezione e Rifugio della Fauna”, firmato dall’assessore regionale Giuseppe Aleppo, a Capo Feto non si contavano i tanti aironi bianchi e aironi rossi, spatole, mignattai, chiurli maggiori e piccoli, limicoli di tutte le taglie, ma anche rapaci come le albanelle, come il gufo di palude. Oggi 16/4/2025, invece, oltre ai soliti cavalieri d’Italia giunti in marzo, un gruppo di gabbiani comuni e rosei, spinti a terra dalla forte libecciata, 12 spatole, 1 ibis sacro (lo stesso probabilmente che ha svernato nella vicina Laguna di Tonnarella, di spalle nella foto, coda nera), 1 fraticello (primo arrivo dell’anno) e 9 povere pernici di mare costrette a vagare per la palude, dato che il litorale (luogo in cui la pernice di mare di solito si riposa subito dopo la traversata del Mediterraneo), da ovest ad est, era occupato dai praticanti di kitesurfing e dalle loro automobili.
Autovetture che a differenza dell’uomo e degli aquiloni del surf non impensierirebbero le pernici di mare o gli altri uccelli, ma parcheggiate sulla duna danneggiano sicuramente vegetazione e flora. Gli uccelli temono soprattutto l’uomo allo scoperto e specialmente quando si muove trasportato dall’aquilone del surf che li allarma a distanza (la vista degli uccelli è di gran lunga superiore a quella umana) e li induce a cambiare rotta o li induce a sorvolare l’area protetta, senza sostarvi, come accaduto oggi con le pernici di mare.
Le spatole è da giorni che stazionano all’interno della palude, bloccate dal mal tempo o per riprendere le forze prima di continuare nel volo migratorio. Notato che gli occupanti (stranieri) dell’arenile, con le attrezzature da kiteserfing, erano persone perbene, almeno all’apparenza, mi sono avvicinato per fare notare il disturbo che arrecavano alle pernici di mare e per fare notare i segni lasciati sulle specie vegetali della duna. Quasi mortificati mi hanno lasciato comprendere che si trovavano là in occasione della festività pasquale, ma mi hanno fatto notare che non c’era nessuna indicazione di divieti.
Mi sono allontanato dopo le doverose strette di mani, mentre pensavo: se conoscessero la fine, dalle nostre parti, della segnaletica dei divieti. A Capo Feto, gli ambientalisti sembrano gli unici assenti, nonostante il periodo della migrazione degli uccelli. Saranno in attesa del vincolo di riserva naturale per mostrare il loro interesse?