Mafia, la Cassazione conferma tutte le condanne a seguito operazione "Anno Zero"

Redazione Prima Pagina Mazara

Nella giornata di ieri la Corte Suprema di Cassazione ha confermato le pene che erano state comminate in appello per 9 degli imputati del processo ‘Anno zero’, che era scaturito in seguito all’omonima operazione antimafia condotta dalle forze dell'ordine sul territorio belicino nell'aprile 2018 quando furono fermate 23 persone, accusate a vario titolo di far parte della rete dell'allora superlatitante Matteo Messina Denaro. La sentenza di ieri conferma le sentenze della IV Sezione della Corte di Appello del Tribunale di Palermo del 29 marzo 2024. Carlo Cattaneo condannato a sedici anni di carcere, di cui già sette trascorsi ai domiciliari; Nicola Scaminaci a quattro anni; Carlo Lanzetta a quattro anni; Calogero Giambalvo a quattro anni; Maria Letizia Asaro a quattro anni; Vittorio Signorello a diciotto anni; Giuseppe Accardo a cinque anni; Vito Bono a undici anni; Giovanni Mattarella a dieci anni.

Per Gaspare Como condannato in Appello a ventidue anni, la Suprema Corte ha deciso il rinvio in Appello per la ridetermina della pena.

Di seguito nota della Questura di Trapani:

La Polizia di Stato ha arrestato e condotto in carcere quattro dei condannati, con sentenza passata in giudicato, del noto processo “Anno zero”. Nei loro confronti, il 18 aprile scorso, la Corte di Cassazione si è pronunciata rigettando il ricorso e confermando le condanne emesse, a fine marzo, dalla Corte d’Appello di Palermo.Uno di essi, il quarantenne castelvetranese Carlo CATTANEO, operante nel settore dei giochi e delle scommesse, dovrà scontare la condanna a 16 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, mentre Letizia Maria ASARO, Nicola SCAMINACI e Carlo LANZETTA, sono stati condannati a 4 anni di carcere, per trasferimento fraudolento di beni, aggravato dall’agevolazione mafiosa.La vicenda processuale trae origine dalla nota inchiesta - condotta dagli Uffici investigativi della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e della DIA, coordinati dalla Direzione Distrettuale palermitana – che, il 19 aprile 2018, portò al fermo di 21 affiliati alle famiglie mafiose di Castelvetrano, Partanna, Campobello di Mazara e Mazara del Vallo, gravemente indiziati, a vario titolo, di avere fatto parte dell’associazione mafiosa cosa nostra, con l’aggravante dell’impiego di armi e del reimpiego di capitali in attività economiche, finanziate in parte con il prezzo, il prodotto e il profitto dei delittiCon riguardo agli odierni condannati, le indagini consentirono di accertare che, attraverso il loro contributo, esponenti di vertice dell’organizzazione mafiosa erano intervenuti in aste giudiziarie, al fine di riappropriarsi di beni sequestrati in precedenti operazioni antimafia.

Al contempo, fu documentato l’interesse della criminalità organizzata per il settore delle scommesse, attraverso la gestione di numerosi “punti gioco”, oltre alle attività tipicamente mafiose quali estorsioni e danneggiamenti.