“Una punta di Sal”. Perché non si crede più al voto?

Astenersi, in altre parole, significa perdere in partenza, rinunciare ai propri diritti e alla propria voce in capitolo

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
28 Aprile 2024 11:50
“Una punta di Sal”. Perché non si crede più al voto?

Perché l’onda sempre più alta dell’astensione appare ormai ineluttabile? Come riconquistare la fiducia? La risposta al “perché non si va a votare?” da opinionisti di diverse bandiere è molto semplice “Si disertano le urne perché il voto non conta nulla”. Quindi o ci sarà un potente cambio di paradigma e l’offerta politica diventerà consistente rientrando in sintonia con l’elettorato oppure anche alle prossime europee e amministrative ci sarà un’astensione sempre più forte.

Ma in che cosa gli elettori si sentono traditi? Da promesse elettorali non mantenute? Ecco due esempi. Fino al 2018-2019 il primo problema per gli italiani erano gli immigrati, e quello era un tema che in termini di mantenimento delle promesse non costava nulla e quindi era relativamente facile mantenerle. Poi nel 2020 con la pandemia il primo problema è diventato la salute e quindi la sanità. Quella invece costava e tanto, ed è stato quindi fatale non stare ai patti e crollare nella fiducia degli italiani.

Poi guardi ora, e pensi solo che tra il 55 e il 60 per cento degli italiani sono contrari alla guerra e all’invio di armi in Ucraina. C’è da confidare nella fantasia italiana che ha inventato tutto e il contrario di tutto in politica o giù di lì: dal fascismo al comunismo sino al leghismo passando per le Brigate rosse. Presto poi ci si dovrà produrre nella ricerca di un nuovo leader che sostituirà la premier attuale che verrà lentamente ridimensionata dai fatti: finita la mano draghiana della provvidenza che calmiera le bollette e estinto il reddito di cittadinanza tutto sarà da reinventare.

Nella storia, si sa, c’è il sole nascente e il sole calante. La disaffezione, così dicono le statistiche, si concentra tuttavia in misura maggiore in quei partiti che non sono ritenuti vincenti. Come se una parte dell’elettorato non si recasse alle urne quando percepisce che il candidato della sua coalizione non ha chance di vittoria. Questo accade quando la formazione del consenso non è influenzata da variabili ideologiche. Il motivo della scarsa affluenza sarà da approfondire ma nel corso degli ultimi dieci anni l’affluenza alle elezioni Amministrative è stata sempre molto bassa.

Sembra che l’astensionismo sia un prodotto indiretto del fatto che la campagna elettorale è sottotono, senza grande coinvolgimento dei leader regionali e nazionali che pensano alle Europee e non possono perdere tempo a fare visite o a comiziare per le Amministrative. E quando qualche leader scende in piazza, magari stanco per avere parlato in diverse piazze, ad ascoltarlo ci sono pochi elettori. Perché l’elettorato locale vuole sentire il proprio leader, il proprio candidato a sindaco circondato dal suo staff.

Quindi l'elettorato non ideologico, quello meno fidelizzato non è stato attratto ed è rimasto distante. Siamo quindi di fronte a un tracollo di partecipazione al voto che ha ragioni strutturali dovute al fatto che negli ultimi anni evidentemente è in grande crescita il numero di persone che sentono che il loro voto non incide e quindi pensano che non valga più la pena di votare. Poi ci sono anche ragioni più contingenti come la percezione delle istituzioni che sono viste lontane dai cittadini e le elezioni europee, nazionali, regionali e amministrative, non vengono percepite importanti a livello politico.

Quali le cause? Molte, ma ricordiamo che l’Italia dopo Tangentopoli ha dimostrato di non essersi lasciata alle spalle questa triste piaga corruttiva, ma anzi ha dato la peggiore prova di se stessa, sia per l’inefficienza dell’azione politica, ma soprattutto per essersi trasformata da sistema funzionale principalmente all’interesse del partito a sistema funzionale all’interesse esclusivamente personale e dei pochi gruppi politici-affaristici. Pertanto lo sdegno dei cittadini si è focalizzato soprattutto sull’enorme distanza creatasi tra classe politica e Paese pulsante fatto di cittadini il cui unico triste obiettivo è diventato la sopravvivenza quotidiana, privata della dignità del vivere e della prospettiva del futuro.

Purtroppo però questa cittadinanza vessata e umiliata utilizza sempre più come forma di protesta, erroneamente a mio avviso, di non recarsi alle urne. Votare però è anzitutto un diritto-dovere costituzionale, ed è l’unico strumento con cui il cittadino può interagire con la politica e i suoi equilibri. È una questione matematica: le percentuali di voto dei partiti vengono calcolate sul totale dei soli votanti, non su tutti gli aventi diritto a votare (astenuti compresi). Se votano solo il 50% , i partiti votati da questi cittadini (magari per sole clientele o interessi diretti) si spartiranno comunque il 100% del Parlamento.

Gli astenuti (e il loro senso di protesta) non avranno comunque alcun rappresentante proprio lì dove si decide la loro sorte, volente o nolente. Lo stesso accade per le Amministrative. Se non si vota per il sindaco o il candidato delle liste non puoi nemmeno lamentarti se l’amministrazione comunale non funziona o funziona male. Questo è il risultato peggiore possibile per chi intendeva protestare attraverso l’assurdo “Non voto di protesta”. Astenersi, in altre parole, significa perdere in partenza, rinunciare ai propri diritti e alla propria voce in capitolo e, a prescindere dalla legge elettorale vigente, aiuterà ancora una volta a far rivincere alla grande la “famigerata casta”.

Per cui il consiglio è di andare a votare, informarsi sulle liste e sui candidati, votare con criterio e discernimento e soprattutto non farsi fregare anche stavolta, anche da chi vuol far credere che non scegliere sia una soluzione. Anzi, la peggiore soluzione!

Salvatore Giacalone

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